Per la spiaggia di Tuerredda, paradiso di sabbia candida e di acque limpidissime nel comune di Teulada, Sardegna sud-occidentale, davvero non c’è pace. Prima gli attacchi della speculazione immobiliare, con un villaggio turistico “monstre” a pochi passi dal mare fermato da pluriennali battaglie legali ma ancora non demolito. Poi l’iper-sfruttamento turistico fatto di chioschi, stabilimenti, allestimenti per eventi di ogni tipo.

Ora l’ultima aggressione, denunciata dalla sigla ambientalista Grig (Gruppo di intervento giuridico). «In questi giorni – dice Stefano Deliperi, portavoce dell’associazione green – Tuerredda è teatro di un pesantissimo scempio. Per rendere possibile un ‘evento’ sulla cui natura non è stata data, al momento, alcuna notizia sulla spiaggia è stato installato un palco per spettacoli e l’arenile è invaso da tavoli, sedie e panche».

Deliperi ricorda che in base alla direttiva Bolkestein (approvata nel 2006 dal Parlamento europeo) qualsiasi concessione demaniale balneare può essere rilasciata solo previo bando pubblico. «Ma nel caso delle strutture che hanno occupato la spiaggia di Tuerredda – denuncia Deliperi – di bandi pubblici non si ha alcuna notizia».

«Di Tuerredda, tutelata con vincolo paesaggistico di conservazione integrale, non si può fare – aggiunge Deliperi – carne di porco. Vogliamo sapere come stanno veramente le cose. Perciò, oltre ad avere informato la procura della Repubblica di Cagliari, abbiamo inoltrato un’istanza di accesso civico, informazioni ambientali e adozione degli opportuni provvedimenti alla Soprintendenza per il paesaggio, al Comune di Teulada, ai Carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale e al Servizio demanio della Regione Sardegna. Vogliamo verificare la legittimità o meno della realizzazione a Tuerredda di strutture certamente non in linea con la necessità del mantenimento delle caratteristiche della spiaggia».

Alle spalle di Tuerredda c’è un’enorme struttura abbandonata. È lo scheletro di un progetto edilizio da oltre 150 mila metri cubi (come dieci palazzi da dieci piani ciascuno) bloccato dalla magistratura nel 2016. Il progetto era di una società, oggi sciolta, di cui facevano parte il Gruppo Benetton, il Gruppo Toffano e l’immobiliarista Claudio Toti.

Nel 2010 un pastore, Ovidio Marras, proprietario di un terreno confinante, fece causa perché la colata di cemento ostruiva la strada di accesso al suo podere e dalle indagini condotte dalla magistratura risultò che l’autorizzazione a costruire era illegittima. Il cantiere venne chiuso, ma il mostro edilizio, in gran parte già realizzato, è ancora lì, nelle mani di un commissario liquidatore, e non si sa se e chi dovrà demolirlo.