La torre delle telecomunicazioni di Kharkiv spezzata da un missile russo è il ritratto di questa fase della guerra. Kiev senza difese aeree è costretta a contare i danni quotidianamente e nel farlo ripete quello che è ormai diventato un mantra: «Se l’Occidente ci avesse fornito uno scudo aereo e i caccia tutto ciò non sarebbe successe». Ieri però le cose sono andate diversamente. A un solo giorno dalla votazione favorevole della Camera statunitense alla fornitura di ben 61 miliardi di dollari di aiuti militari, i funzionari ucraini hanno preferito non esasperare i toni e anzi, il governatore dell’oblast di Kharkiv, Oleg Syniegubov, si è limitato a dire che «non ci sono vittime» anche se sono previste «interruzioni di segnale» in tutta l’area.

MOLTI ANALISTI RITENGONO che nell’attesa delle nuove forniture militari dagli Usa, la Russia intensificherà gli attacchi e, molto probabilmente, darà il via all’offensiva via terra. L’obiettivo è conquistare più territorio possibile ora che i soldati di Kiev sono stanchi e male armati. Non è sicuro che ci riescano, ma i numeri sono dalla loro parte. Tanto che persino il temuto comandante dei Servizi segreti militari Budanov ha annunciato: «Secondo le nostre valutazioni, nel prossimo futuro ci troveremo di fronte a una situazione piuttosto difficile. Ma non catastrofica. Non ci sarà l’Armageddon, come molti cominciano a dire. Ma ci saranno problemi a partire da metà maggio».

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Il punto più difficile del fronte est sarà senz’altro il Donetsk, tra Chasiv Yar e Toretsk, ma da qualche tempo c’è chi teme anche per Kharkiv, colpita di nuovo ieri. E resta l’incognita a sud di Zaporizhzhia, dove non sembra che lo Stato maggiore di Mosca abbia ammassato nuovi reparti, ma potrebbe comunque decidere di attaccare. Tuttavia, in questo momento così nero, gli aiuti statunitensi fanno tirare un sospiro di sollievo a Zelensky che ieri è tornato persino a parlare di una «possibile vittoria»; con le armi giuste, sia chiaro.

LO STESSO PRESIDENTE che due settimane fa si era spinto fino a dichiarare: «Se non ci darete le armi in fretta perderemo». Mai, dal 24 febbraio 2022, l’aveva detto così esplicitamente. Così come Putin non aveva mai pronunciato la parola «guerra» e poi l’ha fatto, seppur incolpando l’«occidente collettivo». La fila di «mai» che potremmo aggiungere a questo elenco è lunga e tratta soprattutto di armamenti negati in un primo momento e alla fine concessi.

DA QUANDO L’IRAN ha attaccato Israele rispondendo al raid al consolato di Damasco nel quale sono state uccise importanti personalità militari di Teheran, però, anche le valutazioni politiche negli Usa sono cambiate. E, infatti, il pacchetto di aiuti straordinari tanto voluto da Biden è finalmente passato con qualche modifica che non ne altera la sostanza.
In totale la misura prevede lo stanziamento di 61 miliardi di dollari per l’Ucraina, dei quali 23 saranno investiti negli Usa per rifornire gli arsenali e 7,8 saranno solo aiuti finanziari diretti al mantenimento del bilancio statale ucraino sotto forma di prestito. In tal modo, se vorrà, il prossimo presidente Usa potrà richiedere la somma a Kiev.

È EVIDENTE CHE LA POSTILLA è una concessione a Donald Trump, il quale si è più volte dichiarato contrario a nuovi finanziamenti all’Ucraina. Inoltre, è stato dato il via libera all’invio dei missili Atacms a medio e lungo raggio, «salvo rischi per gli interessi nazionali americani».

Secondo il Pentagono i primi container di armi potrebbero già arrivare la prossima settimana in Ucraina, ammesso (come pare scontato) che il Senato ratifichi il voto quest’oggi. Tra le forniture più immediate nuovi pezzi di artiglieria, molte munizioni da 155 mm e un numero non specificato di sistemi di difesa aerea, tra cui i Patriots.
STAVOLTA PERÒ WASHINGTON ha annunciato chiaramente che con questa pioggia di armi e di soldi invierà anche consiglieri militari e ufficiali di collegamento. Il messaggio è chiaro: il fallimento della controffensiva ucraina del 2023 è pesato enormemente all’amministrazione Biden che non vuole ripetere lo stesso errore. D’ora in poi le decisioni strategico-tattiche più importanti dovranno essere concordate con il Pentagono.