La copertina di cartone, molte firme prestigiose che si sono avvicendate negli anni, dall’apparizione del primo numero, nel 1991, che raccoglieva a tra le altre quelle di Robert Kramer, Giorgio Agamben, Joao Cesar Monteiro, Raymond Bellour, Jean-Luc Godard, Jean-Claude Biette… «Trafic», la rivista fondata da Serge Daney, il critico francese che forse ha più influenzato l’approccio al cinema di molte generazioni, festeggerà nei prossimi giorni il centesimo numero.
Di per sé non sarebbe una notizia se non fosse che la rivista, nata come trimestrale (la pubblicano le edizioni P.O.L.) è un oggetto «speciale»: nessuna fotografia, nessuna illustrazione se non un disegno in alto sulla copertina, «Trafic» mette al centro il testo e lo stile. «Troppi colori distraggono il lettore» diceva il suo co-fondatore, il regista Jean Claude Biette che aveva scelto anche il nome ispirandosi al film di Jacques Tati.

 

 
Nel comitato di redazione originario oltre a Daney (morto nel ’92) e a Biette (che è invece scomparso nel 2003) c’erano Raymond Bellour, Sylvie Pierre e Patrice Rollet che hanno continuato a progettare «Trafic» cercando di mantenere l’energia e lo spirito di ricerca degli inizi, a cominciare dall’attenzioni verso i giovani autori,e la curiosità per quanto accade dentro e intorno al cinema senza fermarsi alle superifici.
Le scelte editoriali non sono mai state imposte dall’attualità del cinema o dalla cronaca – anche se proprio Biette teneva una rubrica che ne faceva riferimento così come sono state trattate scoperte o riscoperte di vecchi film: quello che però è sempre stato l’aspetto più importante, agli inizi come oggi, è appunto la scrittura.

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Quando appare «Trafic» diviene subito il riferimento per la cinefilia più intransigente, sulle sue pagine iniziano a collaborare anche molte storiche firme che nel tempo si erano allontanate dai «Cahiers du Cinéma» come Alain Bergala o Pascal Bonitzer. Ma vi si possono leggere anche testi di Godard o di Luc Moullet e di Jean-Louis Schefer. Di cineasti e di poeti scomparsi come Welles, Michaux e Fassbinder, insieme alle traduzioni di saggi importanti nella critica cinematografica mondiale.

 

 
Il numero 100, col sottotitolo «L’ecran, l’ecrit» (Lo schermo, la scrittura) ha chiesto ai suoi collaboratori – seguendo il principio originario – di scrivere non su un film o su un regista ma su un libro di cinema, un saggio, una critica: un testo su un testo, insomma, a cui hanno contribuito molti autori – Alain Bergala, Jean-Louis Comolli, Jean-Luc Nancy, Bernard Eisenchitz, Bellour, Jonathan Rosenbaum, Christa Blumlinger, Youssef Ishgapour.
Il numero sarà presentato alla Cinémathèque di Parigi il prossimo 9 gennaio con una giornata di proiezioni che comprendono Conversation Nord-Sud, Daney/Sanbar di Simone Bitton e Catherine Poitevin (1998); La Preuve par Prince di Serge Daney(1988); Ginger e Fred di Federico Fellini (1985).