Un incontro a Palazzo Chigi con i sindaci, poi nel pomeriggio il vertice del premier Matteo Renzi con il ministro degli Interni (e leader degli alleati Ncd) Angelino Alfano, e con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: la legge di stabilità prende forma, sarà varata come annunciato giovedì. Un calendario da rispettare per arrivare puntuali al vaglio della Ue. Ma già ci sono i primi delusi, soprattutto dopo l’annuncio di Renzi domenica da Fazio, sul rinvio della riforma delle pensioni al 2016: i sindacati non ci stanno.

Tra i punti fermi del Bilancio c’è l’azzeramento delle clausole di salvaguardia, pari a 16 miliardi di euro attraverso i risparmi della spending review (circa 6 miliardi) e la flessibilità sul deficit chiesta a Bruxelles. Altro punto fermo la cancellazione della Tasi dal 2016 e il piano anti-povertà per che interesserà circa un milione di minori di circa 600 mila famiglie indigenti. Nella manovra anche gli sgravi alle imprese, ma su questo il governo lavora ancora per reperire le risorse per anticipare la riduzione dell’Ires al 25% nel 2016, per poi fare un’ulteriore sforbiciata nel 2017.

Si lavora anche sulle decontribuzioni, la conversione del bonus da 80 euro in sgravio, l’ecobonus. La legge di stabilità dovrebbe valere almeno 27 miliardi di euro, e porterebbe il deficit fino al 2,2% del Pil l’anno prossimo (circa 18 miliardi), ricorrendo alla flessibilità prevista dalle clausole Ue per le riforme e gli investimenti. Clausole queste che Bruxelles potrebbe concedere all’Italia, mentre appare più difficile il via libera all’altra clausola chiesta dal governo, quella per gestire l’emergenza migranti, che darebbe un ulteriore margine dello 0,2% sul disavanzo, pari a 3 miliardi di ossigeno in più per i conti.

I sindaci si dicono per ora ottimisti – il presidente dell’Anci Piero Fassino ha dato un primo ok – e oggi il governo incontrerà i governatori. Alfano ha chiesto la garanzia che il taglio delle tasse sulla casa non salterà.

Sulle pensioni molto critica Susanna Camusso, segretaria generale Cgil: «È evidente – ha detto – che se la flessibilità si fa nel 2016 si intende evitare investimenti nel settore pensionistico, e che si vuole riformarlo a costo zero scaricando l’onere sulle spalle dei lavoratori. La scelta del governo dimostra inoltre che non c’è una reale attenzione a sbloccare l’occupazione tra i giovani».

Critiche sul nodo delle pensioni arrivano anche dalla Cisl, e proprio dalla segretaria Annamaria Furlan: «Non si può rinviare al 2016 la contro riforma della riforma Fornero – ha detto – Abbiamo bisogno subito, già nella legge di stabilità, di un segnale importante, sarebbe una risposta per imprese, giovani e per tutti i lavoratori. «Nell’incontro con il governo – ha aggiunto Furlan – verificheremo se la sua intenzione è quella di riaprire il cantiere sulla riforma pensionistica o continuiamo a essere sempre agli annunci. In questi mesi sono state fatte tante ipotesi, il governo ha aperto e chiuso più volte, vogliamo capire se per l’esecutivo è una cosa seria o se serve solo per calendarizzare e calibrare a seconda degli spot elettorali o televisivi che poco interessano agli italiani».

La preoccupazione del sindacato riguarda anche il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, capitolo su cui finalmente il governo ha annunciato uno stanziamento (lo aspettano da sei anni), ma che appare a tutti insufficiente.

Proprio sui nodi più «sociali» della legge di stabilità (per ora più assenti che presenti) e di converso sul segno pro-ricchi che la contraddistinguerebbe (basti solo pensare al taglio della tassa sulla casa anche dei ricchi), ha parlato Alfredo D’Attorre, che ha presentato le perplessità della minoranza Pd: «C’è grande preoccupazione per quello che apprendiamo in queste ore sulla legge di stabilità – ha detto – L’assenza di qualsiasi intervento sulle pensioni. La mancanza di chiarezza sulle risorse per i contratti del pubblico impiego, per i quali si ipotizzano cifre del tutto insufficienti. Poi si aspetta di capire quali misure specifiche ci saranno per il Mezzogiorno, e la consistenza dell’intervento contro la povertà. La manovra così com’è sembra totalmente sbilanciata a favore del business e dei ceti più benestanti».