Una persona su tre che vive nelle zone montane, sia rurali che urbane, dei Paesi in via di sviluppo deve fare i conti con fame e malnutrizione, contro le nove a livello mondiale. In cifre, si tratta di 329 milioni di persone, contro i 253 milioni del 2000. Se si prende in considerazione solo coloro che vivono nelle zone rurali, i dati sono ancora più impressionanti: quasi la metà soffre d’insicurezza alimentare. A denunciarlo è un rapporto della Fao, in collaborazione con la Mountain Partnership, pubblicato ieri in occasione della Giornata internazionale della montagna.

Le condizioni di vita delle popolazioni di montagna si sono deteriorate e la loro vulnerabilità nei confronti della fame è aumentata», si legge nel dossier.

Tra le cause, climi rigidi e difficili, territori spesso inaccessibili e, non ultimo, marginalità politica e sociale. Gli abitanti delle zone montane, al 90 per cento in Paesi in via di sviluppo, devono fare i conti con un’agricoltura di sussistenza e con la fragilità degli ecosistemi, dovuta ai cambiamenti climatici: tempeste, valanghe, frane e inondazioni rendono il territorio instabile.

L’insicurezza alimentare è particolarmente acuta in Africa, dove 86 milioni di persone sono a rischio, un numero in costante crescita per via dell’incremento demografico nelle zone montane. La maggior parte delle persone vulnerabili si trova in Africa orientale. Ma pure in Asia le cifre sono elevate (più che in America Latina): oltre 192 milioni di persone sono esposte alla fame, 40 milioni in più che nel 2000.

Secondo la Fao, sono necessari un forte impegno politico e interventi efficaci per invertire la tendenza all’aumento della denutrizione e per combattere l’insicurezza alimentare nelle zone montuose, colmando così il divario tra montagna, zone collinari e pianeggianti. Per le popolazioni montane il fattore chiave, per l’Organizzazione mondiale del cibo, è una crescita inclusiva, che promuova l’accesso di tutti al cibo, ai beni e alle risorse, in particolare per le persone povere e per le donne, in modo che possano sviluppare le proprie potenzialità.

Nelle zone montane, dove l’agricoltura familiare e su piccola scala, la silvicoltura e la zootecnia sono i sistemi produttivi prevalenti, secondo l’agenzia Onu è decisivo creare un contesto istituzionale e politico favorevole, dove la gente possa avere accesso a servizi quali la formazione, l’informazione, il credito e la sanità, nonché a infrastrutture adeguate. Inoltre, sono necessari investimenti e supporto tecnico per diversificare e potenziare i sistemi di produzione montani, attraverso l’integrazione di conoscenze e tradizioni indigene con le tecniche moderne. Per questo, spiega il direttore generale della Fao José Graziano da Silva nella prefazione al rapporto, «la comunità internazionale e i partner che contribuiscono alle risorse sono esortati a investire nelle aree montane e a rafforzare l’impegno della Fao e della Mountain Partnership».