Forse chi s’innamora tanto della Palestina ne assume il destino tragico. Voglio pensare che sia così e che questo sia accaduto a Stefano Chiarini e Maurizio Musolino, scomparsi prematuramente, il primo nel febbraio del 2007, l’altro pochi giorni fa. Perché entrambi hanno amato e conosciuto a fondo la questione Mediorientale e le sofferenze di quei popoli.

Il primo, Stefano Chiarini, instancabile, direi indomito fondatore del Comitato Per non dimenticare Sabra e Shatila ha impedito che in Italia ci fosse una perdita di memoria di quel massacro del settembre del 1982. Allora 2000 persone, tra palestinesi e libanesi, furono trucidate nei due campi profughi, poverissimi, dalle mani dei militari falangisti – non gli bastò uccidere: torturano fino ad aprire le pance delle donne incinte – e per idea dell’’architetto’ israeliano Ariel Sharon. Grazie a Stefano e a il manifesto quella vicenda ancora oggi ha un potere ‘evocativo’ fortissimo che ricorda a tutti noi: attenzione, allora quella tragedia fu compiuta per dire al mondo che i palestinesi dovevano essere sterminati, cancellati, impediamo che questo accada. Non possono esistere popoli ‘di troppo’.

L’altro, Maurizio Musolino, prosecutore di quell’azione militante fino allo stremo: dall’11 al 18 settembre il Comitato Per non dimenticare Sabra e Shatila torna infatti a Beirut per ricordare il massacro del 1982 insieme alle associazioni palestinesi e libanesi, coordinate da Kassem Aina di Beit Aftal Assomud e Talal Salman del quotidiano indipendente As Safyr e insieme a tanti altri. Il viaggio di solidarietà e conoscenza porta anche quest’anno l’impronta organizzativa di Maurizio che teneva molto a ricordare non solo i profughi che vivono in Libano da 60 anni ma anche quelli più recenti in fuga dagli orrori siriani, profughi tra i profughi, e che trovano accoglienza – mentre l’Europa si lagna per ‘l’invasione’ dei propri confini – in un paese piccolo come il Libano, in grande difficoltà perché, da sempre, è teatro di pesanti ingerenze esterne che gli impediscono di trovare una sua sovranità.

Senza Stefano e senza Maurizio porteremo, addolorati e increduli per la sorte toccata a due giovani e lucidi intellettuali, la nostra denuncia. Che ruota soprattutto e prima di tutto intorno al diritto al ritorno per il popolo di Palestina: ancorché legittimo secondo il diritto internazionale, perché sancito dalle risoluzioni delle Nazioni Unite, è stato volutamente lasciato all’oblio delle agende politiche, dentro e fuori il mondo arabo-mediorientale.

Per questo sarà al centro delle nostre iniziative nelle quali i palestinesi che vivono nei campi profughi del Libano – oltre 400 mila persone – ricorderanno le vittime della strage e le cause della loro lunga diaspora, chiederanno al Libano e al mondo intero di non essere considerati uomini e donne da dimenticare e di non procedere, come sta avvenendo ormai da tempo, con i pesanti tagli ai finanziamenti dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu creata appositamente per l’assistenza dei palestinesi – nel ’48 c’era già l’Agenzia che si era presa cura dei profughi ebrei della Seconda guerra mondiale ma Israele temeva che si confondessero le vicende e impose di non considerare i profughi tutti con lo stesso metro, rientro nelle loro case per gli uni, lasciare nella diaspora gli altri.

Il diritto al ritorno viene colpito a morte, inoltre, dall’ebraicizzazione di Israele, dalla espansione delle colonie e dalle politiche di annessione del governo Netanyahu – la punta più alta del programma neocoloniale del sionismo: queste azioni escludono che i non ebrei, i palestinesi nati in quelle terre, possano rientravi. Si tratta di un intollerabile programma di razzismo del XXI secolo contro cui noi diciamo chiaro e netto: No, impediamo questo scempio.

Andiamo in Libano per rompere i silenzi attorno alla Palestina, portando in silenzio dentro di noi i ricordi dei nostri insostituibili compagni Stefano Chiarini e Maurizio Musolino.