Che le amministrative del prossimo agosto si preannunciassero come un test quasi referendario per la leadership di Jacob Zuma, era già assodato, visti gli scandali pubblici in cui il presidente è da anni coinvolto. Che potrebbero diventarlo per le sorti future dell’African National Congress (Anc) appare ora più evidente dopo tre giorni ininterrotti di proteste violente nell’area di Pretoria, la capitale amministrativa del Sudafrica.

La decisione dell’Anc giorni fa di nominare Thoko Didiza come suo candidato sindaco nella città metropolitana di Tshwane, di cui fa parte Pretoria, ha suscitato un malcontento tra i sostenitori locali del partito e innescato un’ondata di violenza che dura dallo scorso lunedì senza che il partito al governo dalla fine dell’apartheid riesca a tenerla sotto controllo. Ieri a Pretoria la situazione era particolarmente tesa dopo che durante la notte i residenti avevano dato alle fiamme autobus, saccheggiato negozi e danneggiato una scuola di nuova costruzione, lasciando molte strade impraticabili per via di rottami, rami e veicoli bruciati che hanno costretto gli automobilisti a guidare sui marciapiedi. Così ad Atteridgeville, ad ovest di Pretoria, Soshanguve e Mabopane, a nord. Mentre in alcune aree della città erano ancora in corso scontri tra manifestanti e polizia che ha ucciso due persone sospettate di saccheggio a Mamelodi e arrestato circa 40 rivoltosi per violenza e furto.

Le rivolte sarebbero cominciate nello scorso fine settimana, quando i membri delle fazioni locali dell’Anc si erano riuniti per decidere il candidato sindaco per Tshwane alle elezioni amministrative di agosto. Una riunione oscurata dalla decisione del governo centrale di nominare quale candidato l’ex ministro di gabinetto Thoko Didiza preferendolo al sindaco uscente e presidente dell’Anc regionale Kgosientso Ramokgopa. Con una manovra che di fatto ha scavalcato le segreterie regionali dell’Anc.

Quella che per i dirigenti del partito sarebbe stata una decisione di compromesso per superare la faida tra le due correnti di Tshwane ha invece contribuito a scoperchiare le diatribe intestine all’Anc che tra sei settimane si presenta alle elezioni sfaldato, in balia di settarismi e di un malcontento in crescita verso Jacob Zuma, di cui in tanti hanno chiesto le dimissioni.

Al di là dei malumori locali e delle cause contestuali della protesta iniziata nelle township intorno a Pretoria prima di infiammare la capitale, sono almeno due i fattori salienti di una crisi che rischia di travolgere non solo la provincia del Gauteng, hub finanziario-commerciale del Sudafrica: la polverizzazione dell’Anc in settarismi sempre più evidenti, il suo scollamento con le municipalità di cui si mostra incapace di intercettare i bisogni delle comunità locali.

Da Ekurhuleni a Johannesburg, da Nelson Mandela Bay a Tshwane, ciò che sta emergendo sono le ambizioni e le lotte interne ad Anc in vista della prossima tornata elettorale. Una crisi di partito che in una prospettiva politica nazionale trova le sue origini ovviamente anche nella perdita di credibilità della leadership di Zuma, sopravvissuto ad aprile scorso a una mozione di impeachment dopo il verdetto della Corte Costituzionale che lo aveva condannato alla restituzione di parte dei 16 milioni di dollari di fondi pubblici utilizzati per la ristrutturazione della sua residenza privata di Nkandla, nel KwaZulu-Natal; nelle vicissitudini di un’economia che lentamente sta colando a picco, negli alti tassi di disoccupazione (oltre il 25%) e di povertà.

Con una valuta in agonia, su cui incombe il rischio di declassificazione allo status di rating «junk», «spazzatura»; nel malcontento generalizzato catalizzato soprattutto dai cosiddetti born free, cioè dalle nuove generazioni, dai nati dopo l’apartheid, per i quali quel regime (e quello coloniale) vivono indirettamente nei racconti delle proprie famiglie ma di cui conoscono bene l’eredità politico-sociale insieme alle promesse (disattese) dell’Anc di sradicarla a più di vent’anni dal suo insediamento.