A Riace tirano un sospiro di sollievo. Al termine della settimana più lunga, il sindaco Mimmo Lucano ha revocato le dimissioni. «Vado avanti», ha esclamato alla fine di un lungo consiglio comunale aperto alla cittadinanza. «Perché quando ti buttano fango addosso, devi aspettare che sorga il sole, perché quando risorge il sole, il fango si secca e cade. E domani il sole risorgerà», ha detto Mario Congiusta, padre di Gianluca, vittima innocente di ‘ndrangheta, ucciso il 24 maggio del 2005.

Il giorno dopo Riace ha il volto di Rosalinda Ngou. Nel borgo dell’accoglienza diffusa ha aperto un negozio di artigianato. Uno dei suoi arazzi è stato donato a papa Bergoglio quando Lucano è stato invitato in Vaticano a raccontare l’esperienza di Riace. Le mani sono le mani colorate e fortunate sue e dei suoi due figli, caduti in mare quando il loro gommone si è sgonfiato, e dopo ore di lotta con le onde, proprio quelle mani gelate ma ancora vive sono state afferrate dalle guardie costiere e portate in salvo. I bimbi ora hanno due e quattro anni. Il più grande ha gravi lesioni ai tessuti muscolari delle braccia. È stato operato più volte e forse ce la farà. Rosalinda è felice di essere a Riace. Dice che l’avrebbero uccisa nel suo paese. Ma ora è qui nel borgo dell’utopia realizzata. Che ha ancora il suo sindaco.

Nonostante il «modello Riace» sia sotto attacco. E non solo per la squallida campagna diffamatoria sul web, una della tante «bufale» che nella Rete si ingrossano e trovano terreno fertile. Ma perché Lucano nel 2018 terminerà il suo mandato. E il brand Riace fa gola a molti. Specie a quei predoni dell’accoglienza che in Calabria, ma non solo lì, hanno fatto razzia dei soldi che lo Stato destina ai rifugiati. Per questo è stato importante il bagno di folla e di solidarietà di venerdì scorso. Perché ha dimostrato che nulla può offuscare il miracolo Riace.

«La mia casa continuerà a camminare su due gambe e miei sogni non avranno frontiere», recitava uno striscione portato in piazza. Quella casa è Riace, la casa di tutti. Lo ha ricordato Peppino Lavorato, storico sindaco comunista di Rosarno, lo hanno ribadito Ilario Ammendolia e Gianni Speranza, già sindaci di Caulonia e Lamezia. Lo ha rimarcato Mario Oliverio, presidente dem della Regione Calabria: «Riace è un modello di accoglienza che è divenuto simbolo nel mondo. Questo modello deve essere sostenuto e consolidato anche per fare avanzare ed affermare, su scala nazionale ed europea, un’impostazione e una visione giusta del fenomeno migratorio». Lo ha sottolineato l’ex ministra Carmela Lanzetta: «Riace è un modello di cui la Calabria deve andare orgogliosa nel mondo». Ma è soprattutto la moltitudine di mille e oltre persone che ha reso indimenticabile la notte del 30 dicembre.