Un neonato di appena un mese domenica è stato ricoverato all’ospedale pediatrico Santobono di Napoli per la broncopolmonite. Tre settimane fa era toccato a un bambino di due anni con problemi cronici a cui si sono sommate broncopolmonite e convulsioni. La comunità rom di Giugliano vive su una discarica e i bambini si stanno ammalando: difese immunitarie basse, problemi cronici alla pelle e alle vie aeree sono il risultato delle esalazioni tossiche che respirano ogni giorno. I gitani sono arrivati in zona trent’anni fa, hanno carte d’identità italiane con luoghi di nascita dell’hinterland partenopeo e nazionalità bosniaca. Erano quasi novecento divisi in 19 campi, avevano occupato un pezzo di terra che, dopo, è diventata zona Asi: all’interno imprese, panifici e persino un impianto Stir per tritovagliare l’immondizia.

Nel 2011 il comune decide che rovinano l’immagine delle attività industriali così vengono divisi. Gruppi di famiglie cominciano a peregrinare intorno all’Asse mediano ma un nucleo di 400 persone (di cui la metà sotto i 12 anni) viene sistemato nell’area attrezzata in località Masseria del Pozzo grazie ai fondi Ue per l’emergenza rom: un appezzamento di terra tra Taverna del Re (la cittadella dove dal 2008 si stanno mummificando 6milioni di tonnellate di ecoballe) e la Resit, una delle discariche più inquinate gestite direttamente dai Casalesi, all’interno della cosiddetta «area vasta» dove insistono 30 discariche in 7 chilometri quadrati. Su circa 200 minori, dieci sono nati con gravi ritardi, ulteriori dieci hanno già sviluppato malattie croniche all’apparato respiratorio, nell’arco di 20 giorni sono finiti in tre all’ospedale. Rappresentanti della comunità e volontari hanno più volte chiesto uno screening Asl senza risultato.

Per allestire il campo vennero spesi 400mila euro per un po’ di ghiaia sullo sterrato, l’allacciamento alla rete idrica locale e a quella elettrica, che salta continuamente. «Da L’Aquila – spiega Antonio Esposito, ricercatore universitario – erano stati portati dei container, uno doveva servire alla Croce rossa per allestire un ambulatorio. Rimasto vuoto, è stato occupato da una famiglia. Dai bagni esce ogni genere di liquami, i 90mila euro promessi per rifare le fogne non sono mai arrivati a destinazione. Il campo legale, ma provvisorio, doveva essere superato l’autunno scorso».

La discarica di fronte al campo ha un impianto di smaltimento di biogas, dopo le 18 non regge più la produzione e i geyser sfogano direttamente tra i rom. Il commissario alle bonifiche delle aree inquinate dai rifiuti della regione Campania, Mario De Biase, ha disposto per settembre i lavori per la perimetrazione, caratterizzazione e messa in sicurezza di Masseria del Pozzo. Ma i lavori partiranno con ritardo: «I terreni intorno e la strada di accesso sia alla discarica che al campo – spiega Jasmine, dell’associazione Garibaldi 101 – pare siano di tale Mucillo, che ha vinto la causa. Bisognerà aprire una nuova strada di accesso allo sversatoio, intanto dal primo agosto il campo diventerà una prigione».

Nell’ultima riunione tenuta al camune di Giugliano è stato deciso di costruire un nuovo villaggio per i rom entro settembre 2015, ufficialmente non è stata indicata l’area né il capitolo di spesa. Ufficiosamente dovrebbero essere due milioni da impiegare nella vicina Varcaturo, una zona difficile dove rischia di esplodere una nuova bomba sociale: «I villaggi e i campi sono solo nuovi ghetti. I rom chiedono di essere aiutati a fittare case, come succede già in altre parti d’Italia – prosegue Jasmine -. Ogni volta ci rispondono che il ministero stanzia fondi solo per i villaggi, una fesseria, mentre la comunità europea ci ammonisce da tempo perché non sfruttiamo gli ingenti fondi per l’emergenza rom».

Intanto però si spende. Non si investe per fare in modo che i bambini vadano a scuola, ma per un paio di mesi è stato finanziato un progetto di prescolarizzazione dove le maestre andavano a Masseria del Pozzo a intrattenere i bambini, tutti insieme a prescindere dall’età e lontano dai coetanei italiani. E si pianifica di lasciare 400 persone per almeno altri 14 mesi in un’area che De Biase ha definito «la più pericolosa in assoluto in termini di rischio per la salute, incompatibile con la creazione di un insediamento umano».