Contrordine compagni milanesi. Se la destra implode e si moltiplicano i candidati terremotando patti già stretti a Roma Torino e Napoli, nella sinistra a sinistra di Renzi le cose non vanno poi tanto meglio. Ieri sul capoluogo lombardo è piovuto l’ennesimo rifiuto: anche Curzio Maltese molla. Non correrà per sfidare il candidato del Pd Giuseppe Sala. Lo annuncia dall’Huffington Post: era disponibile alla corsa, scrive, «ma non a ogni costo, soltanto dopo un programma chiaro e con precise condizioni, che non si sono realizzate».

Un altro buco nell’acqua dunque per l’area rimasta fuori dalle primarie del centrosinistra, dove pure dopo l’indisponibilità di Francesca Balzani a guidare una lista arancione la ricerca di un nome resta impegno ciclopico. Di qua, e cioè fra quelli che ’Sala mai’ ormai siamo all’ennesimo rifiuto. Dopo quello di Pippo Civati, a cui l’avevano chiesto, quello di Gherardo Colombo, quelli di altri nomi-meteora (Besostri e Gadola). L’ex pm di Manipulite ha spiegato di «non riconoscersi» nelle posizioni «della sola sinistra della città». Maltese invece consiglia di «abbandonare la ricerca affannosa a ogni vigilia elettorale di nomi noti o meno, giovani o vecchi, per concentrarsi su idee» per «riavvicinare molti cittadini in fuga da una politica barbara». Ma qui oltre ai cittadini fuggono anche i candidati. Fra l’altro la defezione arriva alla vigilia di una kermesse organizzata dai suoi compagni di L’Altra Europa (di cui è eurodeputato): in pratica doveva essere il primo lancio della corsa.

Invece è tutto da rifare. Circolano rodimenti e recriminazioni, come chi ce l’ha con i civatiani sospettati di essere ’troppo tiepidi’ con il possibile candidato, ma non c’è più tempo neanche per i chiarimenti. Il rischio è di lasciare a casa l’ala sinistra della storia arancione di Pisapia. Che si conclude distruggendo il campo da cui è nata.

Ora circola insistentemente il nome di Basilio Rizzo, presidente del consiglio comunale e che della Milano radical è un’istituzione. Forse anche tropo: è a Palazzo Marino dal 1983, dov’è arrivato in altre ere politiche , quando c’era Democrazia proletaria. Poi ci è rimasto con i Verdi e con le primissime liste civiche. La sua si chiamava ’Miracolo a Milano’. A distanza di decenni quel miracolo dovrà ritentarlo. Rizzo si schermisce ma non diserta: «Sono a disposizione, all’unica condizione che il mio nome sia unificante. E che mi venga chiesto, naturalmente. Questa lista si deve fare e si farà: io ci sono, ma come ultimo della lista».

Se Milano piange, Roma non ride. Dopo il gelo con i suoi quasi alleati, l’ex sindaco Marino si è blindato in una «pausa riflessione» che dovrebbe finire nelle prossime ore. I suoi supporter aspettano «la telefonata». I suoi nemici politici sono certi che non si candiderà perché la campagna elettorale è incompatibile, causa par condicio, con la promozione in tv del suo libro-verità su Roma, atteso per il 30 marzo. Ieri anche Walter Tocci, dissenziente dem, battuto un colpo contro di lui: «A me la scena dei consiglieri dal notaio non è piaciuta», però una sua riproposizione «oggi non aiuterebbe».

Ma Marino decide da solo, com’è abituato a fare. Ieri Fassina ha cercato di lanciargli segnali distensivi: «Il mio auspicio è che qualunque decisione prenda, possa essere insieme a noi», ma era stato lui a sottolineare le differenze programmatiche con l’ex sindaco. Nel pomeriggio il candidato ha riunito le varie anime della sinistra romana (Prc, Sel, Altra Europa, Possibile e Contaci) provando a ricompattare il campo. E anche a rinsaldare i rapporti con Sel, dentro la quale c’è un’area che guarda con speranza a Marino. La situazione si complica di ora in ora, tant’è che Paolo Cento, segretario romano dei postvendoliani, deve assicurare che «nella discussione di Sel la possibilità di fare liste a sostegno di Giachetti non c’è». Una smentita chiara. Che conferma un fatto: il tentativo, da parte del Pd, è in corso.