Tra le tante poste in gioco delle elezioni di domenica ce n’è una forse meno vistosa ma in prospettiva più decisiva delle altre: In ballo c’è la sorte del “voto utile”, il ricatto che almeno dal 2008 condiziona inesorabilmente la politica italiana. In quattro regioni la sinistra e il Pd di Matteo Renzi si presentano contrapposte. L’esito del test condizionerà le scelte di Renzi, ma anche di Sel e probabilmente della stessa sinistra Pd, sempre più a disagio.

Delle quattro sfide quella principale è certamente in Liguria.

Qui, in una regione che può dirsi «rossa», la nascita di una lista alternativa e contrapposta al Pd, «L’Altra sinistra», con Pastorino candidato, ha radici profonde. Non c’è solo la beffa delle primarie nelle quali Paita ha battuto Cofferati con metodi che dire discutibili è poco, ma un distacco progressivo dalle politiche del Pd che in alcune aree, soprattutto a Genova, ha acquistato i caratteri di un esodo. In nessuna regione come in Liguria Renzi può tentare di far valere il “voto utile”, con Toti ad appena un paio di punti di distacco da Paita. Se il richiamo non funziona in questa situazione, potrebbe non funzionare mai più.

Il caso della Campania è diverso. Tra le molle principali, qui, c’è stata la scandalosa vicenda della candidatura De Luca e delle liste farcite di impresentabili (politicamente, non nell’accezione dell’antimafia) che lo sostengono, cosentiniani in testa. Ma il progetto della lista “Sinistra al Lavoro”, candidato Vozza, che raccoglie tutte le realtà a sinistra del Pd, è più ambizioso. «Il caso De Luca – spiega il senatore campano Peppe De Cristofaro – non nasce dal nulla. Da cinque anni qui vige il consociativismo pieno. Caldoro e il Pd, di fatto, hanno governato insieme. La lista vuole dunque essere il nucleo e l’indicazione di un progetto di sinistra che va molto oltre la scacchiera attuale e prefigura la nascita di una vera forza politica a sinistra del Pd».

In Campania, ancor più che in Liguria, il rischio per la lista della sinistra è che scatti una sorta di voto utile al contrario, cioè che gli elettori contrari a Renzi scelgano l’M5S considerandolo l’unica forza in grado di opporsi.

In Toscana la situazione è diversa. La vittoria di Rossi è garantita, tuttavia la decisione di Sel di sfidare il Pd dando vita con altre forze alla lista, “Sì Toscana a sinistra”, con Fattori candidato, resta significativa. «Qui – dice la senatrice di Sel Alessia Petraglia – abbiamo verificato da tempo che il renzismo si stava abbattendo anche sui territori, con immediate conseguenze politiche dirette a partire dalla scuola». Si tratta della roccaforte del premier, che però qualche preoccupazione deve nutrirla se ha deciso in extremis di chiudere qui la campagna elettorale.

Anche nelle Marche il Pd e la sinistra, con la lista “Altre Marche-Sinistra Unita”, si confrontano direttamente.

In Puglia, Umbria e Veneto, invece, Pd e Sel, ma non le altre organizzazioni di sinistra, sono in coalizione. Nella regione governata per un decennio da Vendola ha pesato sulla scelta il tentativo di salvare quanto più possibile di quella esperienza. In quella dove si ripresenta per il Pd la governatrice uscente Catiuscia Marini, lo schieramento di quest’ultima contro l’ondata renziana montante nel suo stesso partito. In Veneto, infine, la difficoltà di presentarsi da soli in una situazione di notevole debolezza.

Le diverse decisioni sono state prese dalle singole regioni. Ma è un fatto che i risultati indicheranno a Sel quale sia la strada da seguire nel momento forse più difficile della storia repubblicana per la sinistra politica.