Se i motori delle auto inquinano troppo, ammorbando l’aria delle città, basta cambiare i parametri di legge e tutto torna a posto. È questo ragionamento lapalissiano che sta alla base del nuovo regolamento europeo votato ieri e passato, con una risicata maggioranza (no di socialisti europei e verdi), al Parlamento di Strasburgo. Un clamoroso trucco amministrativo per togliere le castagne dal fuoco alle lobbies dell’industria automotive dopo lo scandalo Dieselgate.

Finora a mettere sotto scacco le grandi industrie dell’auto erano stati i trucchi nelle omologazioni dei filtri antiparticolato delle auto prodotte nel Vecchio continente, che – come hanno scoperto i controllori statunitensi – in realtà danno prestazioni assai diverse su strada. Lo scandalo, partito in autunno dalla casa tedesca Volkswagen, bocciata alle prove del Carb, l’ente per la sicurezza ambientale della California, si è poi esteso più recentemente alla francese Renault e ha finito per invischiare nel crollo dei titoli in Borsa anche Peugeot, Fca (ex Fiat), Daimler, Bmw e Ferrari.

Ora il Parlamento europeo pare aver scoperto l’uovo di Colombo che consentirà di continuare a vendere auto con filtri Fap, cioè antiparticolato, già in circolazione e così almeno smaltire le scorte, senza neanche necessariamente correre a investire su nuove linee di produzione meno inquinanti. Perché in effetti il regolamento nuovo per le emissioni inquinanti dispone nuove regole fino al 2018. Quindi dando tutto il tempo ai colossi del motore a scoppio di ammodernare, eventualmente, i propri impianti.

I nuovi limiti fissati dal Parlamento europeo sono stellari: l’asticella dello smog tollerato viene innalzata anche del 110 per cento. In termini tecnici, come chiarisce Legambiente, gli eurodeputati hanno votato sì alla proposta di revisione dell’Rde (Real-world driving emissions) avanzata dal Comitato tecnico dei veicoli a motoreche permette di aumentare gli attuali limiti di emissioni inquinanti degli autoveicoli diesel.

Le tabelle dei vari prodotti rilasciati nell’ambiente dalla combustione dei veicoli diesel, tutte riviste a rialzo, sono particolarmente corrette in rosso per quanto riguarda gli agenti NOx, o ossidi di azoto, he non sono cancerogeni mortali ma contribuiscono a erodere lo strato di ozono nell’atmosfera terrestre e quindi sono considerate scatenanti per l’effetto serra e il surriscaldamento del clima mondiale.

Finora , in base al regolamento in vigore dal 2007, un’auto diesel «Euro 5» non dovrebbe emettere più di 180 milligrammi a chilometro, mentre la stima basata su prove di strada è 705. Legambiente fa notare che proprio a causa delle elevate emissioni di NOx nel maggio scorso la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia e gli effetti possiamo vederli nei continui blocchi del traffico per la cappa di smog che, in assenza di precipitazioni atmosferiche, avvolgono le nostre città.

Un veicolo diesel di classe «Euro 6», teoricamente il più moderno, dovrebbe produrre al massimo 80 milligrammi di Nox a chilometro. Con il nuovo regolamento proposto dalla Commissione Junker dal settembre 2017 al 31 dicembre 2018 potrà essere classificato sempre come «Euro 6» producendo il 110 per cento di ossidi di azoto, cioè fino a 168 milligrammi a chilometro.
Ma non ci sono solo gli NOx tra i prodotti di scarto della combustione che non vengono debitamente smaltiti dai filtri Fap.

I filtri omologati riducono alcuni agenti cancerogeni come gli ottani, NO2, a nanoparticelle che hanno una capacità di penetrazione negli alveoli polmonari più distruttiva, come ha scoperto un recente servizio di Luca Pelazza per Le Iene. Una ditta veneta – la Dukic Day Dream – ha inventato un dispositivo in grado di abbattere drasticamente tutte le polveri inquinanti: il «dispositivo Dukic» – inventato da Michele Campostrini – che, pur avendo ottenuto un brevetto internazionale e europeo, non ha passato alla fine l’omologazione del ministero italiano perché non è un filtro.

In effetti, come ci spiega l’amministratrice Anna Dukic, il dispositivo interviene a monte, nel processo di combustione del motore, ottimizzandolo e consentendo così di non produrre gran parte delle particelle inquinanti di scarto, in questo modo anche migliorando la resa del motore e diminuendo i consumi di carburante. «Il fatto è che il dispositivo Dukic – ci dice Anna Dukic – costa all’incirca da 500 a mille euro, a seconda delle cilindrate, e come farebbero – se si diffondesse – a vendere non solo le auto, ma i catalizzatori, gli iniettori? È vergognoso quello che hanno fatto modificando i parametri ed è assurdo ma vero che inquiniamo più oggi di vent’anni fa. Ma – ne è certa, l’imprenditrice Anna Dukic – è un calcolo sbagliato perché soldi non ce ne sono più, la gente è disperata, e gli effetti del riscaldamento globale li vedono tutti».

Lei non si ferma e spera di ricevere l’omolgazione dall’ente tedesco Tuv. Servirebbe come riscatto dallo scandalo della Volkswagen. «La maggioranza degli europarlamentari ha fatto il gioco della parte più retriva dell’industria automobilistica, senza curarsi della salute dei cittadini», denuncia Monica Frassoni, presidente dei Verdi europei.