Quello di ieri sarà ricordato come il discorso più duro nei confronti di Israele mai pronunciato dal presidente dell’Olp e dell’Anp Abu Mazen di fronte alla platea delle Nazioni Unite. Sono rimaste vuote proprio le sedie della delegazione israeliana all’Onu, a conferma che il governo Netanyahu non ritiene più il presidente palestinese un partner per eventuali trattative. A maggior ragione ora che il suo partito, Fatah, e il movimento islamico Hamas hanno trovano un’intesa per rilanciare il governo tecnico di consenso nazionale e di estendere la sua autorità anche a Gaza.

 

L’anziano presidente palestinese, che pure non è noto per un piglio deciso e che non ha mai messo in discussione la cooperazione con Israele (specie nella sicurezza), ha apertamente accusato Tel Aviv di aver condotto un genocidio a Gaza e ha rivolto critiche durissime alla colonizzazione israeliana delle terre palestinesi. Ha poi proposto che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu approvi una risoluzione con un “calendario preciso” per la fine dell’occupazione israeliana e l’istituzione dello Stato palestinese. «Non dimenticheremo, né perdoneremo» il genocidio di Israele contro Gaza, detto Abu Mazen, assicurando che i «criminali non rimarranno impuniti». «Il nostro dolore e la nostra rabbia non ci faranno dimenticare la nostra umanità e le leggi umanitarie internazionali», ha precisato, ricordando che il numero di case, scuole, ospedali e persino cimiteri distrutti a Gaza è senza precedenti. «Serve una immediata protezione internazionale per i palestinesi bisogna porre termine alla tragedia di questo popolo…Si deve porre fine al vergognoso blocco israeliano di Gaza», ha aggiunto, sottolineando che l’ultima offensiva di Israele è stata «una serie di crimini di guerra compiuti davanti agli occhi del mondo intero».

 

Un passaggio interessante è quello in cui Abu Mazen è sembrato escludere categoricamente una ripresa dei negoziati con Israele nelle forme in cui li abbiamo conosciuti sino ad oggi. Parole che sono state lette come una critica alla inutile mediazione americana negli ultimi venti anni. «Ritornare ai negoziati del passato è sbagliato», ha detto il presidente palestinese, forse in risposta alla posizione americana contraria alla sua proposta al Consiglio di Sicurezza che, a inizio settimana, aveva espresso il Segretario di stato John Kerry. Siamo di fronte a un vero cambio di marcia, a quella «nuova era» alla quale ha fatto riferimento Nabil Abu Rdeinah, il portavoce della presidenza palestinese? E’ difficile dirlo. Tra i palestinesi prevale lo scetticismo. La reazione di Israele non si è fatta attendere. E’ stato un discorso «pieno di bugie e di istigazione…Non è questo il modo in cui parla un uomo che vuole la pace», avrebbero commentato, secondo un tweet di un giornalista di Haaretz, fonti vicine al premier Netanyahu.

 

Con ogni probabilità il governo israeliano considera un cumulo di bugie anche le conclusioni della sessione straordinaria del Tribunale Russel per la Palestina, tenutasi giovedì a Bruxelles. sulla operazione militare “Margine Protettivo”. I giudici hanno registrato prove di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, crimini di assassinio, sterminio, persecuzione ed anche di incitamento al genocidio. «Un regime persecutorio – hanno sancito – può portare ad un effetto genocida. Alla luce della chiara escalation della violenza fisica e verbale relativa a Gaza diffusa nell’estate 2014, il Tribunale sottolinea l’obbligo di tutti gli Stati firmatari della Convenzione sul Genocidio del 1948, di prendere secondo la Carta delle Nazioni Unite, misure considerate adeguate per la prevenzione e la soppressione di atti di genocidio». La Giuria ha ascoltato testimoni oculari degli attacchi di Israele durante la guerra di Gaza nel 2014, inclusi i giornalisti Mohammed Omer, Max Blumenthal, David Sheen, Martin Lejeune, Eran Efrati e Paul Mason, i chirurghi Mads Gilbert, Mohammed Abou Arab, l’esperto di crimini di genocidio come Paul Behrens, il Colonnello Desmond Travers e Ivan Karakashian di Children International.

 

Si terrà oggi pomeriggio a Roma, con raduno in Piazza della Repubblica, la manifestazione nazionale a sostegno del popolo palestinese, indetta dal Coordinamento delle Comunità Palestinesi d’Italia e da numerose associazioni, gruppi di solidarietà e di appoggio politico. Si prevede la partecipazione di molte migliaia di persone provenienti da ogni parte d’Italia.