La notizia dell’accordo tra la famiglia Riva, l’Ilva e le due procure di Milano e Taranto, ha lasciato l’amaro in bocca a molti.

Politicamente ha mandato su tutte le furie i nemici di Renzi, a cominciare dal governatore della Puglia Michele Emiliano. Che avrebbe di gran lunga preferito che l’intesa venisse raggiunta e ufficializzata dopo il voto del 4 dicembre. In molti, infatti, sostengono che l’annuncio di Renzi è stato una sorta di jolly che il premier si è voluto giocare a pochi giorni dal voto, dopo le polemiche sul pasticcio della deroga al dm 70 sulla sanità ionica, con la mancata concessione dei 50 milioni di euro. «Basta con le polemiche sulla pelle dei bambini malati di Taranto: c’è un accordo con la famiglia Riva per un miliardo e se servono altri soldi li metteremo», ha tagliato corto ieri il premier.

Da un punto di vista squisitamente etico invece, l’accordo lascerà molti dubbi nelle tante associazioni ambientaliste e in quei cittadini che dal 2012 ad oggi avevano intravisto nel lavoro della magistratura l’ultimo appiglio per ottenere «giustizia» dopo 60 anni di inquinamento ambientale, di Stato e non.

Sia come sia, la storia finirà in un altro modo.

A quanto si apprende infatti, è stata definita l’intesa tra la Procura di Taranto guidata dal procuratore Capristo, e i legali rappresentanti dei tre commissari straordinari dell’Ilva, Gnudi, Laghi e Carruba. Il patteggiamento nel processo «Ambiente Svenduto» prevederà 3 milioni di euro a titolo di sanzione pecuniaria, 8 mesi di commissariamento giudiziale e 241 milioni di euro di confisca quale profitto del reato: i soldi saranno utilizzati per il risanamento ambientale del siderurgico, come previsto dall’emendamento presentato dal governo nella legge di Bilancio. L’intesa è stata firmata anche dal procuratore aggiunto Argentino e dai pm Buccoliero, Cannarile, Graziano e Epifani.

Per far sì però che questa intesa sia valida, ci sarà bisogno di altri due passaggi: il via libera da parte del Mise, visto che Ilva è in amministrazione straordinaria e l’ok da parte della Procura: il documento sarà inviato ad un’altra sezione del Tribunale per la ratifica, in quanto non può esprimersi sul patteggiamento lo stesso collegio che si occupa del processo.

Gli accordi non si limiteranno alla sola Ilva, ma anche alla Riva FIRE e Riva Forni Elettrici, le altre due società imputate. Con la procura di Milano, che indaga sulla messa in liquidazione della Riva FIRE di cui ha chiesto il fallimento, l’intesa prevede che la società versi una somma di 230 milioni di euro per chiudere il procedimento penale in corso, consentendo alla holding di entrare in amministrazione straordinaria.

Più complessa invece la posizione della stessa società nel processo di Taranto. Il cui pool di avvocati da sempre chiede lo spostamento del processo a Potenza. Appare scontato che la Procura ionica chiederà l’applicazione della pena con la confisca del famoso miliardo e 2-300 milioni di euro bloccati in Svizzera, previa ovviamente la ratifica dell’intesa tra le parti. A 2 milioni di euro invece, ammonterebbe la sanzione pecuniaria per la Riva Forni Elettrici.

Le posizioni dei singoli imputati, Fabio e Nicola Riva, accusati di una serie di reati gravissimi – dal disastro ambientale all’avvelenamento di sostanze alimentari – resteranno all’interno del processo. Ma è chiaro che in vista di una loro condanna al termine del processo tarantino, il peso delle pene risentirà degli attuali accordi e dell’esborso economico della famiglia stessa e delle società ad essa collegate.