«Sì, si può resistere, sopravvivere, svilupparsi senza rinunciare alle conquiste del socialismo» garantendo così «l’indipendenza e la sovranità» di Cuba. N

ell’ultimo addio «di massa» al Comandante Fidel, sabato sera, nella città «eroica» di Santiago, il presidente Raúl (che ha posto personalmente l’urna con le ceneri di Fidel nella tomba) ha sintetizzato con queste parole il lascito storico e il testamento politico del fratello maggiore.

Il diritto-dovere di resistere alle ingerenze esterne, soprattutto dell’imperialismo nordamericano, e la necessità di un contenuto sociale della rivoluzione, in modo che vi sia un’identità tra patria e socialismo. Un messaggio, questo, rivolto al «suo» popolo, ma anche al neoletto presidente Donald Trump. Poi le ceneri del líder maximo, che avevano percorso tutta l’isola come simbolico gesto di unità nazionale, sono state restituite alla famiglia.

LA CERIMONIA DI INUMAZIONE dei resti mortali di Fidel Castro Ruz è stata rigorosamente privata, riservata alla famiglia e agli ospiti. Nessuna immagine è stata diffusa dalla televisione, nessun giornalista è stato ammesso.

Dopo che, per i nove giorni di lutto nazionale seguiti alla sua morte, tutti i canali della tv non avevano prodotto altra informazione che vita, storia, lascito politico e morale, ricordi e commenti sulla figura del Comandante vittorioso della Rivoluzione, ieri è stata trasmessa solo un’asciutta cronaca telefonica da parte di un inviato che aveva accompagnato il corteo funebre fino al cimitero.

Uniche, brevi, immagini, quelle della scorta d’onore dei giovani, in maggioranza con fotografie del Comandante, schierati nella penombra delle prime ore del giorno lungo l’Avenida Patria che porta al cimitero monumentale di Santa Ifigenia che cantavano l’inno nazionale mentre soldati in uniforme di gala e con un bracciale nero aprivano il corteo funebre.

[do action=”quote” autore=”Segoléne Royal all’Afp”]Una cerimonia sobria. Non vi sono stati discorsi, le ceneri sono state inumate alla presenza dei familiari, membri del governo e delle Forze armate[/do]

«UNA CERIMONIA SOBRIA. Non vi sono stati discorsi, le ceneri sono state inumate alla presenza dei familiari, membri del governo e delle Forze armate e alcuni ospiti» ha dichiarato Segoléne Royal, ministro francese dell’Ecologia, all’agenzia Afp. All’inumazione erano presenti anche i presidenti del Venezuela, Nicolás Maduro, della Bolivia, Evo Morales e gli ex presidenti brasiliani Lula da Silva e Dilma Rousseff.

Fidel – ha affermato Raúl sabato sera nel suo discorso di estremo saluto al fratello – condivideva il motto dell’Apostolo della patria, José Martí, ovvero che «tutta la gloria del mondo è contenuta in un chicco di mais».

«Il leader della Rivoluzione – ha continuato il presidente – rifiutava qualunque manifestazione di culto della personalità ed è stato conseguente con questo suo atteggiamento fino alle ultime ore di vita, insistendo sul fatto che, una volta scomparso, il suo nome e la sua immagine mai fossero utilizzate per intitolargli istituzioni, strade, piazze, parchi né per erigere in sua memoria monumenti, busti, statue o altre forme similari di tributo».

PER RISPETTARE questa sua determinazione, ha continuato il presidente, «presenteremo nella prossima riunione dell’Assemblea del potere popolare (il parlamento, ndr) le proposte legislative necessarie affinché prevalga la sua volontà».

Anche nel seguito della giornata, la televisione cubana si è attenuta strettamente alla volontà del líder e alle indicazioni del governo. Nessuna immagine è stata diffusa del cimitero di Santa Ifigenia, inaugurato nel 1868, dove vi sono molti monumenti funebri, cripte e mausolei ornati di marmi preziosi o pietre ornamentali e dove svettano le palme reali, uno dei simboli di Cuba.

Il luogo dove sono sepolti i «grandi» della patria, dal poeta, scrittore e politico, ispiratore del Partito rivoluzionario di Cuba, José Martí, a Juan Manuel de Céspedes, che diede inizio alle guerre di indipendenza dalla Spagna, a Mariana Grajales, la patriota mulatta madre dei generali indipendentisti José e Antonio Maceo y Grajales, a Frank País, il dirigente studentesco di Santiago che appoggiò la guerriglia con azioni di sabotaggio e fu assassinato all’età di 23 anni dalla polizia di Batista.

LE POCHE FOTO FILTRATE mostrano una tomba assai sobria, dalla forma di una grande roccia con una placca e la scritta: Fidel. Le autorità hanno informato che è sita vicino al mausoleo di Martí. Una vicinanza fisica che vuole sottolineare come Fidel sia – e si sia- considerato l’erede dell’Apostolo della patria.

È quanto sottolinea Fabio Fernandez Batista, storico e professore universitario. «Vi sono quattro elementi che accomunano la Rivoluzione del Comandante con le idee dell’Apostolo della patria», afferma.

«IL PARTITO RIVOLUZIONARIO creato da Martí dimostrava che era necessaria una guida politica unita per conquistare con le armi l’indipendenza. In secondo luogo affermava che la lotta per la liberazione nazionale doveva avere contenuti sociali, non solo nazionali; in terzo luogo l’Apostolo era convinto che la liberazione di Cuba doveva inserirsi in un più vasto movimento di integrazione politica e sociale dell’America latina. Infine – conclude Batista – Martí, avendo conosciuto da vicino il “mostro”, era convinto della necessità di combattere l’imperialismo degli Stati uniti». In quello che il quotidiano comunista Granma considera una sorta di «testamento» di Fidel, il messaggio manoscritto che nel giugno 1958 fece avere a Celia Sánchez, una delle sue più strette collaboratrici durante la guerriglia nella Sierra Maestra, il Comandante scriveva : «Ho giurato che gli americani pagheranno ben caro quello che stanno facendo. Quando questa guerra finirà, per me inizierà una guerra molto più lunga e grande: la guerra che farò contro di loro. Mi rendo conto che questo è il mio vero destino».

ED QUESTA EREDITÀ che il presidente Raúl, anche sabato in divisa di generale e comandante delle Forze armate rivoluzionarie, ha mostrato di voler raccogliere.

«Di fronte ai resti di Fidel – ha gridato alla folla e al paese – giuriamo di difendere la patria e il socialismo. Hasta la victoria siempre!». Un messaggio, come detto, che va ben oltre l’isola, diretto anche al prossimo capo della Casa bianca.