Tutto si è svolto in pochi attimi. Mohammad Tarayra, 17 anni del villaggio di Bani Naim (Hebron), ha superato la recinzione che circonda la colonia israeliana di Kiryat Arba e si è diretto correndo verso l’abitazione più vicina. Come abbia fatto ad entrarvi non è chiaro ma una volta all’interno ha accoltellato più volte Hallel Yaffa Ariel, 13 anni, che dormiva nel suo letto. Per la ragazzina non c’è stato nulla da fare. La corsa all’ospedale Shaare Tzedek di Gerusalemme è stata inutile. Mohammed Tarayra invece è stato ucciso dai colpi sparati dal padre della vittima e dalle guardie di sicurezza della colonia. Le sue coltellate avrebbero ferito anche una guardia.

L’accaduto ha suscitato grande impressione in Israele. Giornali, siti web, radio e tv per tutto il giorno hanno fatto collegamenti da Kiryat Arba e raccontato la vita di Hallel Yaffa, appassionata di danza. Le immagini hanno mostrato il suo letto sporco di sangue. Cosa può aver spinto l’adolescente di Bani Naim a compiere un atto così cruento hanno provato a spiegarlo anche i media israeliani e non solo quelli palestinesi. Pare che Mohammed Tarayra fosse rimasto segnato dall’uccisione, lo scorso marzo, del cugino Yusef Tarayra, che secondo l’esercito aveva tentato di investire con l’automobile un soldato israeliano. Per i palestinesi invece è stato vittima di una esecuzione sommaria. Da allora Mohammed era cambiato, aveva lasciato la scuola e affidato a Facebook i suoi pensieri ispirati dalla rabbia e dal desiderio di vendetta. Uno stato d’animo che non giustifica la brutalità dell’attacco contro una ragazzina. Contribuisce però a spiegare il contesto che era e resta quello di una occupazione militare che dura da 49 anni e che ha il suo simbolo più forte proprio nelle colonie israeliane sparse per la Cisgiordania. L’Intifada di Gerusalemme andrà avanti, predeve Ahmad Azem, professore di scienze politiche all’università di Bir Zeit, perché «i giovani palestinesi non hanno davanti alcuna prospettiva che faccia pensare a un futuro di libertà e non vedono la fine dell’occupazione».

Spiegazioni prive di valore per il premier israeliano Netanyahu, convinto che quanto accaduto ieri a Kiryat Arba non sia altro che l’espressione del fanatismo anti-israeliano. «Il mondo deve condannare questo omicidio come ha condannato gli attacchi terroristici di Orlando e Bruxelles…Le nazioni civili devono fare pressione su chi porta all’omicidio di una bambina nel suo letto», ha detto chiamando indirettamente in causa l’Autorità nazionale palestinese (Anp) di Abu Mazen che, a suo dire, alimenterebbe gli assalti con le sue accuse a Israele. Le misure prese dal primo ministro israeliano sono state: la chiusura di Bani Naim, la revoca dei permessi di lavoro per la famiglia dell’attentatore e la demolizione della casa della sua famiglia.

In serata un palestinese ha ferito a coltellate due israeliani a Netanya, poi è stato ucciso dalla polizia. Nelle ore precedenti cinque palestinesi, tra i quali due agenti di polizia, erano rimasti uccisi in faide familiari a Nablus e Yaabad (Jenin).