Non c’è solo l’agricoltura tra i settori in cui la manodopera immigrata ha registrato un calo dell’occupazione.

La mancanza di lavoro tra i migranti registra una pericolosa crescita anche in tutti i settori dell’industria. Lo ha rilevato il Dossier Statistico Immigrazione nel suo consueto rapporto annuale presentato il 27 ottobre scorso a Roma. In particolare, il tasso di occupazione tra i migranti dal 2008 al 2015 è sceso dell’8,1% e il tasso di disoccupazione è aumentato del 7,7%.

Solo il 6,8% degli immigrati lavora in settori qualificati.

Senza lavoro dunque ma anche mal retribuiti: il salario di un immigrato infatti risulta essere inferiore rispetto a quello di un italiano del 28,1%. Se un italiano guadagna in media 1.362 euro, un immigrato percepisce poco più di 900 euro mensili. E il divario è ancora più ampio tra le donne straniere e quelle italiane.

Nel lavoro domestico è occupata la metà delle donne immigrate. Donne che costituiscono in alcuni casi la maggioranza in alcune collettività (sono 8 su 10 in quella ucraina, mentre appena 2 ogni 10 tra i senegalesi e i bangladesi). Nel 2015, secondo l’Osservatorio sul lavoro domestico dell’Inps, le badanti e le colf sono 886.125, di cui 672.194 con cittadinanza straniera. Ma, secondo stime di Dossier, le persone che lavorano in nero uguagliano quelle assicurate.

Cittadini di terza classe dunque, ai quali non viene nemmeno riconosciuto il loro bagaglio scolastico e accademico: il tasso di istruzione tra gli immigrati è addirittura superiore più del doppio rispetto a quello degli italiani: 40,9 per cento contro il 21,6 per cento.

Eppure, nonostante le condizioni più onerose, sempre secondo i dati di Dossier Statistico, gli immigrati esprimono la stessa soddisfazione degli italiani per quanto riguarda il lavoro: rispettivamente 7 e 7,3 (in una scala di valori da 1 a 10).