Fidel spinge per la mediazione: sai che novità! Da 22 anni nella bizzarra struttura del partito-azienda azzurro Fedele Confalonieri incarna puntualmente la linea più morbida, solitamente più vantaggiosa per l’azienda. Stavolta però una differenza c’è. Ora Confalonieri non parla solo come voce Mediaset ma come esponente del nuovo direttorio che ha rimpiazzato le ragazze del cerchio magico, messe sbrigativamente alla porta. Difficile immaginare che Gianni Letta, uomo per cui la sola parola “conflitto” è una bestemmia, la pensi diversamente, e lo stesso dicasi per l’avvocato Ghedini e Marina, la figlia prediletta.

La proposta che Confalonieri ha affidato ieri alle colonne della Stampa si articola in tre parti distinte. Conferma del ruolo di Berlusconi che «deve tornare alla politica», e qui il consenso non può che essere unanime. A parole, perché sono in molti a pensare invece che il Cavaliere abbia già superato il capolinea politico. Poi un congresso per dotare Fi di una linea politica dopo anni non di schizofrenia ma addirittura di personalità multipla: un caso clinico più che politico. Almeno su questo, il consenso generale è sincero.

Il piatto forte però è la lancia spezzata a favore del soccorso azzurro al governo. Se non proprio un nuovo Nazareno, giù di lì: «Il Cavaliere non la pensa così, ma io credo che in questa fase si debba sostenere il governo». Gli applausi, in questo caso, arrivano però solo da esponenti dell’Ncd come Sacconi e Cicchitto. Da Toti a Gasparri alla Santanchè, tra gli azzurri è una selva di pollici versi.
In un momento come questo, la proposta di Confalonieri può voler dire una cosa sola: appoggiare il referendum di Renzi, cogliere l’occasione offerta dalla debolezza del premier e offrirgli il proprio sostegno facendoselo pagare ben caro. E’ una prospettiva inesistente e probabilmente di scarso interesse per lo stesso Renzi. Sulla riforma costituzionale, Fi ha già fatto troppe giravolte per potersene permettere un’altra. Con un testo prima approvato e poi bocciato, buona parte degli elettori azzurri decideranno da sé e quelli schierati contro la riforma, o contro Renzi, non cambierebbero idea a fronte dell’ennesima piroetta.

Dietro le quinte, però, è in ballo una posta anche più importante: la legge elettorale. Intorno all’ipotesi di modificare l’Italicum si sono ormai composti due fronti trasversali. Per la modifica sono schierati un pezzo di Pd, Sinistra italiana, Fi e tutti i centristi. Contro, pur lasciando aperto uno spiraglio per evitare fratture interne prima del referendum, c’è lo stesso Renzi, con l’M5S e la Lega.

Per i centristi il passaggio dal premio di lista a quello di coalizione è questione di vita o di morte. Nell’Ncd c’è aria ammutinamento e anche Angelino Alfano ha infine realizzato di non avere sponde nel Pd. Si sarebbe addirittura dichiarato pronto a decretare la crisi subito dopo il referendum, se la legge elettorale non cambierà. In realtà, la sola arma a disposizione di Alfano sarebbe far cadere il governo prima e non dopo la riforma, scommettendo sul caos e sull’azzeramento della riforma stessa. E’ escluso che abbia il coraggio di farlo e neppure i ribelli, capitanati dal capogruppo al Senato Schifani, oserebbero un azzardo simile. Una volta consumatosi il referendum, ai centristi non resterà che tornare a capo chino all’ovile azzurro.

Il premio di coalizione costringerebbe anche la Lega a siglare di nuovo l’alleanza di centrodestra, accettandone una guida moderata. L’Italicum nella sua versione attuale potrebbe essere il male minore. Per Fi il premio di lista comporterebbe sì un vantaggio, perché costringerebbe i centristi alla resa, però precluderebbe o quasi l’asse con il Carroccio, e dunque anche le chances di arrivare al ballottaggio.

A decidere, alla fine, sarà Matteo Renzi. Slittare sul premio di coalizione significherebbe aiutare Berlusconi contro l’M5S, considerando il primo un nemico meno temibile. La mossa avrebbe una sua logica, ma tanto tortuosa da essere difficilmente accettabile dagli elettori. E Renzi lo sa perfettamente.