A poco più di un mese dal referendum sulla Brexit del 23 giugno, voluto dal premier conservatore David Cameron, il voto amministrativo di Londra, e di 124 comuni minori di tutta l’Inghilterra, come quello per il rinnovo dei parlamenti «nazionali» di Scozia, Galles e Irlanda del Nord, rappresenta un test molto delicato in grado di indicare tendenze politiche nazionali ma anche le divisioni che attraversano i partiti maggiori. Nella capitale si sfidano il candidato laburista Sadiq Khan, avvocato, figlio di immigrati pakistani, europeista convinto, vicino alla linea di centro-sinistra di Ed Miliband più che a quella dell’attuale segretario Jeremy Corbyn, e il milionario conservatore Zac Goldsmith, proveniente da una famiglia di origine ebraico tedesca, favorevole all’uscita dalla Ue ma già direttore della rivista ambientalista The Ecologist.

Malgrado il duello a distanza tra i due si sia rapidamente deteriorato, fino a far registrare le accuse reciproche di «estremismo» – Goldsmith, supportato anche da Cameron, ha rimproverato a Khan le parole di Corbyn che ha definito «amici» Hamas e Hezbollah, mentre il laburista ha accusato Goldsmith di usare metodi «degni di Donald Trump» e accenti anti-musulmani -, a dividerli c’è prima di tutto una visione contrapposta degli scottanti problemi sociali di Londra. In particolare, Khan si è concetrato sul tema della casa, «questo voto è un referendum sulla politica degli alloggi» ha scritto sul suo sito alla vigilia delle elezioni, proponendo, contrariamente al suo avversario difensore a oltranza del mercato, la costruzione di decine di migliaia di nuovi alloggi popolari per mettere un freno alla progressiva espulsione dall’area urbana della metropoli delle famiglie più povere. Un fenomeno cui si assiste da decenni e che trae origine dalle politiche inaugurate da Margaret Thatcher, che voleva trasformare tutti gli inquilini in proprietari, e che hanno portato alla vendita di oltre 3 milioni di case popolari nel corso dei decenni, senza che le municipalità potessero reinvestire i guadagni ottenuti in nuove iniziative di edilizia pubblica.

Oggi un affitto medio a Londra può superare i 3.000 euro e oltre 400 mila persone attendono da anni un alloggio popolare. Allo stesso modo, in una città che vanta il non certo invidiabile primato delle tariffe più elevate del trasporto pubblico, il laburista, anche in questo caso in netta opposizione alla linea del suo avversario, ha proposto prezzi agevolati per le fasce sociali più deboli e un blocco di ogni aumento per almeno 5 anni.

Complessivamente oltre a Londra, e alla possibilità di una nuova performance nazionale dei populisti eurofobi dell’Ukip di Nigel Farage, rinvigoriti dalla prospettiva del prossimo voto sulla Brexit, l’altro risultato più atteso è quello che arriverà dalla Scozia dove i sondaggi danno in testa lo Scottish national party di Nicola Sturgeon. Tra gli oltre 4 milioni di scozzesi chiamati alle urne, le sirene dell’independentismo progressista sembrano aver trovato infatti nuovo ascolto dopo il fallimento di stretta misura del referendum per la separazione da Londra del 2014. Un vento nuovo che aveva cominciato a soffiare già lo scorso anno quando il Snp aveva conquistato ben 56 dei 59 seggi spettanti alla Scozia nel parlamento di Westminster, ma che ora potrebbe tradursi in una maggioranza bulgara dei due terzi in quello di Edimburgo. Una posizione di forza da cui guardare al voto sull’Europa voluto da Cameron con un’evidente spirito di rivincita: europeisti della prima ora, gli scozzesi si immaginano di fatto indipendenti dalla Gran Bretagna se quest’ultima scegliess