In quella strage quotidiana di innocenti che è che la guerra in Siria a pagare con la vita sono spesso anche i bambini. Negli ultimi sei giorni solo nella parte orientale di Aleppo ne sono morti 96 e altri 223 sono rimasti feriti. Vittime dei bombardamenti o dei colpi dei cecchini, ma anche della fame e della mancanza dei medicinali che – se gli aiuti umanitari potessero raggiungere la parte est della città – consentirebbero di salvargli la vita.

«Non ci sono parole per descrivere le sofferenze che questi bambini stanno vivendo», ha denunciato il vicedirettore generale dell’Unicef Justin Forsyth. «La situazione è drammatica», conferma Andrea Iacomini, portavoce in Italia dell’organizzazione. «Ci sono centomila bambini intrappolati dentro Aleppo est ed è difficile riuscire a raggiungerli e quindi a portare tutti gli aiuti necessari. Ci sono casi di malnutrizione acuta, casi di malattie conseguenza del fatto che bevono acqua putrida, casi di denutrizione.

Il quadro è complicato e lo è ancora di più se pensiamo che delle venti città sotto assedio siamo riusciti a entrare solo in quattro, Madaya, Kefraya, Fuah e Zabadani. Ad Aleppo, invece, nella zona est la situazione peggiora di giorno in giorno. Anche oggi (ieri, ndr) i nostri medici ci hanno segnalato casi di bambini in condizioni gravissime e che è difficile raggiungere proprio perché si trovano in zone nelle quali non ci è concesso di entrare. A tutto questo vanno aggiunti quelli che rimangono vittime delle bombe e dei cecchini . E’ chiaro che la situazione dell’infanzia ad Aleppo est è drammatica. E non ci sono solo le ferite del corpo ma anche quelle, e sono profonde, psicologiche. Parliamo di bambini che sebbene vivi nonostante siano malnutriti, sono profondamente traumatizzati dai bombardamenti.

In quali zone riuscite ad arrivare?
In alcuni quartieri di Aleppo est, ma voglio ricordare che anche nella parte ovest della città ci sono 35 mila bambini sfollati ai quali riusciamo a portare maggiori aiuti.

C’è una generale difficoltà a far arrivare gli aiuti umanitari
La difficoltà è legata alla situazione politica. E’ chiaro che i bombardamenti a tappeto e la fragilità delle tregue passate rendono tutto più complicato. Non dimentichiamo che dopo il bombardamento di alcuni convogli umanitari avvenuto giorni fa e in cui sono morti alcuni nostri volontari, abbiamo assunto una posizione molto più prudente. Non c’è dubbio che in questo momento l’assenza di una tregua rende impossibile consegnare gli aiuti.

Qual è la situazione sanitaria ad Aleppo?
Come Unicef abbiamo dei team mobili con i quali riusciamo a muoverci abbastanza all’interno del territorio ma molti ospedali sono stati bombardati. Ad Aleppo est ci sono trenta medici, alcune strutture ospedaliere non sono più funzionanti. I bombardamenti colpiscono tutto: ospedali, unità mobili come le nostre, scuole. Ormai siamo oltre ogni norma del diritto umanitario internazionale.

Come Unicef avete riportato la dichiarazione terribile di alcuni medici che hanno detto di essere costretti a lasciar morire i casi più disperati per la mancanza di scorte di medicinali e di attrezzature.
E’ una dichiarazione scioccante, specchio di una situazione drammatica perché gli aiuti non sono riusciti a entrare. Da aggiungere che molti di questi piccoli pazienti purtroppo sono stati localizzati ma sono difficili da raggiungere. Ricordo casi di bambini ridotti come scheletri per la mancanza di cibo. Questo assedio dura da luglio, ormai sono due mesi. Provate a immaginare cosa significa per un bambino vivere in un contesto in cui è costretto a mangiare erba o radici. Ci sono stati casi in cui le famiglie hanno mangiate le carcasse di animali. Questa non è una guerra civile o regionale, come ci siamo raccontati nei primi mesi o nei primi anni del conflitto. Questa è una guerra mondiale che ha delle cifre enormi per quanto riguarda i morti.

Eppure non si riescono a creare dei corridoi umanitari per salvare la popolazione.
Stiamo chiedendo con forza almeno l’istituzione di corridoi umanitari che devono però essere sicuri. Purtroppo le parti in causa sono troppe e ottenere anche solo una tregua è troppo difficile. Questa è una guerra che dura da cinque anni e della quale ci siamo accorti in ritardo, una guerra che ha prodotto cinque milioni e mezzo di rifugiati siriani nei paesi vicini. Da drammi come quello siriano nascono anche grandi esodi. Anche in Iraq siamo nella stessa situazione perché siamo prossimi alla battaglia finale di Mosul dove si prevede un milione di sfollati. Siria, Iraq e Yemen sono aree dove nei prossimi mesi la situazione degenererà sempre di più.