La guerra civile siriana è ormai uno scontro tra due fronti: da una parte il governo di Damasco, sostenuto dalla fondamentale forza militare di Hezbollah; e dall’altra la complessa galassia jihadista, fatta di rivalità conclamate e alleanze strategiche. Alla nuova offensiva qaedista ad Aleppo di giovedì, ieri il presidente Assad ha risposto al confine con il Libano, lanciando un’operazione in grande stile per riprendere la città di Zabadani, roccaforte di al-Nusra.

Truppe governative siriane e combattenti sciiti libanesi hanno preso d’assalto Zabadani, coperti dal fuoco continuo dell’aviazione di Damasco. Il target è strategico: la città (occupata dalle opposizioni nel 2012) si trova lungo l’autostrada Beirut-Damasco, a 20 km dal Libano, in quella regione di Qalamoun per cui gli uomini di Nasrallah combattono da mesi al fianco dell’alleato Assad. Hezbollah e i siriani avrebbero isolato i miliziani di al-Nusra all’interno della città, circondata da montagne, impedendo l’arrivo di rinforzi ai qaedisti.

Si continua a combattere anche ad Aleppo, teatro della più ampia offensiva islamista dal 2012 quando finì divisa in due tra governo e opposizioni (prima l’Esercito Libero Siriano, oggi al-Nusra): una seconda coalizione moderata di opposizione ha preso un centro militare nella zona ovest della città, il Centro Scientifico di Ricerca, avvicinandosi ai quartieri sedi degli uffici governativi e dell’esercito. Sul tetto dell’edificio sventola ora la bandiera con le tre stelle, simbolo delle opposizioni a Damasco. Nel distretto di Zahra, invece, prosegue la battaglia strada per strada tra truppe governative e al-Nusra, a capo di una nuova alleanza ribattezzata “Ansar al-Sharia” e responsabile dell’offensiva di giovedì.

Appare ovvio come i due fronti, Aleppo e Zabadani, aperti a breve distanza l’uno dall’altro, siano intrinsecamente connessi. Il futuro della Siria si gioca nel confronto tra Damasco e jihadisti, che controllano due terzi del paese: Isis il nord est, il confine con l’Iraq e Palmira, al centro, e al-Nusra e lesue milizie-satellite il sud, alla frontiera con Israele, e parte delle province di Idlib e Aleppo a nord ovest.

Cruciali sono oggi la frontiera libanese e la vicina provincia di Homs, che tocca le linee di confine con il Libano a ovest, l’Iraq a est e la Giordania a sud. Dei sette distretti che la compongono, Al-Rastan è in mano ad al-Nusra e Palmira in quelle dello Stato Islamico. Per questo Homs, come Qalamoun, è strategica, per tutti: prenderla significherebbe – per gli attori jihadisti in campo – controllare la porosa frontiera libanese, aprirsi la strada per Damasco e quella per la costa mediterranea. Ovvero annientare Assad e puntare direttamente a Tripoli, nel Paese dei Cedri. Un’eventualità che né Damasco né Hezbollah possono permettersi.

Attivista italiano ferito e arrestato dai peshmerga
Alessandro Ponti, 23 anni di Treviglio (Bergamo), era partito a fine aprile in solidarietà con il popolo kurdo contro l’Isis. È stato ferito dal fuoco dei peshmerga kurdi e arrestato mentre tentava di attraversare illegalmente il confine tra Siria e Iraq. Secondo la Farnesina, il giovane si trova ora in un ospedale di Erbil, capitale del Kurdistan iracheno. Le sue condizioni non sono gravi, ma dopo il ricovero potrebbe essere arrestato.