La Corte europea dei diritti umani non ha ancora formalmente dichiarato ammissibile il ricorso di Silvio Berlusconi contro la legge Severino, e la sentenza sulla quale conta il Cavaliere per tornare candidabile al parlamento italiano è ancora un’eventualità lontana e incerta. Ma ieri è stato fatto un passo in avanti, perché il governo italiano – dopo aver chiesto una proroga dei termini a ottobre – ha fatto avere ai giudici di Strasburgo le sue osservazioni. Che non sono favorevoli a Berlusconi, ma la difesa dell’ex presidente del Consiglio non si aspettava altro. Adesso però la strada alla fine del quale potrebbe esserci una sentenza è tracciata.
Alla difesa di Berlusconi, l’avvocato Claudio Saccucci,è assegnato un termine di sei settimane, prorogabile, per far avere le sue controrepliche, poi il governo italiano potrà aggiungere altre osservazioni entro il successivo mese. Da aprile in poi, dunque, comincerebbero a decorrere i tempi tecnici per la sentenza, che non sono brevi, ma non escludono un pronunciamento entro il 2017 (in tempo per le elezioni a scadenza naturale nel 2018).

Il parere del governo italiano è arrivato attraverso l’agente titolare presso la corte, che è la professoressa Ersiliagrazia Spatafora. Una figura che dipende dal ministero degli esteri, dunque da qualche giorno dal ministro Angelino Alfano, indimenticato autore (quando era ministro della giustizia di Forza Italia) di vari provvedimenti destinati a proteggere Berlusconi dalle condanne. Il dossier però è stato chiuso al tempo di Paolo Gentiloni alla Farnesina. Ed era segnato nell’esito sfavorevole a Berlusconi. Non tanto perché il governo italiano intenda difendere a spada tratta la Severino, al contrario al ministro della giustizia Orlando è capitato di dire che quella legge ha bisogno di «un tagliando». Quanto perché è vincolato al rispetto di una recente sentenza della Corte costituzionale italiana, che ha giudicato pienamente costituzionale la Severino.

L’argomento centrale del ricorso di Berlusconi è il divieto di retroattività delle norme penali. «Nessuno può essere condannato – recita l’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sulla cui applicazione vigila la Corte di Strasburgo – per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale». Lo stesso principio è nella Costituzione italiana, all’articolo 25: «Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso». Berlusconi sostiene che la legge Severino, che lo ha portato alla decadenza da senatore e alla incandidabilità, è stata promulgata dopo che il processo che lo ha definitivamente condannato per frode fiscale è cominciato, e ovviamente ben dopo che il reato è stato commesso. La Corte costituzionale italiana, però, giudicando sul caso del governatore campano De Luca, ha recentemente qualificato la sospensione dalle cariche elettive (che nel caso dei parlamentari diventa decadenza) come una «misura amministrativa cautelare», dunque non una sanzione penale. E lo ha fatto proprio giudicando nel «quadro delle garanzie apprestate dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo come interpretate dalla Corte di Strasburgo».