Il 30 aprile la mostra Alfons Mucha e le atmosfere Art Nouveau si trasferisce, dalle sale di Palazzo Reale di Milano, con le sue donne eleganti, ammiccanti e ritratte in colorati e sensuali manifesti, a Palazzo Ducale di Genova. Qui la mostra, oltre a ripresentare il percorso espositivo che ha raccontato l’artista ceco alla città di Milano, offrirà anche l’opportunità di valutare la sua opera attraverso un ulteriore percorso dedicato a tutti i suoi manifesti pubblicitari, proprio nella mostra ospitata alla Wolfsoniana di Genova Nervi, «Mucha: alle origini della pubblicità».
Alfons Mucha è stato uno degli interpreti più rappresentativi ed entusiasti dell’Art Nouveau, con un’inventiva che gli permise di confrontarsi con uno stile figurativo morbido e flessuoso, che fu protagonista di cartelloni pubblicitari, dipinti, locandine teatrali, design di gioielli, piatti, calendari, decorazioni d’interni.
Fondamentale, per il suo successo e la sua visibilità, fu l’incontro con l’attrice francese Sarah Bernhardt, incontrata a Parigi nel 1894, per cui aveva realizzato il poster del suo spettacolo Gismonda, e con cui firmò poi un contratto per poster per i 6 anni seguenti.
I suoi manifesti pubblicitari, dalle birre ai liquori, dai biscotti ai detersivi e ai profumi, sono prodotti spesso abilmente offerti da giovani donne dalle fattezze quasi sacrali.
Mucha aveva così influenzato il mondo del Novecento, con tutte quelle sue opere che arrivavano ai molti e diversi settori della società. Dalle donne che aspiravano ad essere femme fatale e compravano quel profumo, alle mamme che sceglievano quei biscotti e detersivi, fino a chi beveva Moët & Chandon. Il gusto Art Nouveau, anche attraverso le sue opere, si era diffuso in tutta quell’Europa che aveva abbracciato il nuovo secolo con fiducia ed entusiasmo. Qualcuno l’ha definito l’Andy Warhol della sua era, un artista decoratore che aveva aiutato a definire uno stile e, a suo modo, ne era diventato una sorta di star.
Molta attenzione fu dedicata alla figura della donna, angelo e, contemporaneamente, femme fatale, figure archetipe quasi inconciliabili. Nelle sale della mostra sono raccolte anche opera di tanti artisti che, con vetri, ceramiche, sculture, arredi, avevano reso prezioso ed elegante il gusto dell’epoca.
Che Alfons Mucha sia stato un grande artista e creatore di quella speciale e fiduciosa epoca europea, lo dimostrano le tante opere raccolte a Palazzo Ducale ma, per avere un’idea della sua opera, e soprattutto delle arti e dell’architettura in quel momento storico in Europa, la città di Praga può raccontarci molto.
Quello dell’Art Nouveau, che fu tradotta in tutta Europa attraverso stili e nomi diversi, (Liberty in Italia, Jugendstil in Germania, Secessionismo in Austria, Modern Style in Gran Bretagna), fu un periodo caratterizzato da grande speranza nel futuro, nelle nuove tecnologie, nel nuovo benessere, e nella ricerca di nuove forme artistiche, che volevano distaccarsi dalle vecchie forme monumentali del passato.
Gli artisti – e con artisti si devono intendere tutte quelle voci con lingue diverse che volevano raccontare una nuova visione di arte – cercavano soprattutto una rinnovata creatività formale e, se il vecchio era paragonabile a una vetusta e pesante colonna egizia, l’Art Nouveau voleva essere una snella e aggraziate colonna corinzia.
Tutti, ma ognuno a suo modo, avevano trovato uno stile, che si atteneva ad alcune linee principali, ma ci si muoveva in autonomia. L’utilizzo di alcuni materiali in modo nuovo poi, come vetro e ferro battuto, aveva alleggerito l’architettura che, fino ad allora, aveva avuto canoni rigorosi.
Il neobarocco e il neogotico erano certamente monumentali, ma l’Art Nouveau, quella della cupola quasi sferica, traforata e composta da migliaia di foglie di lauro dorate del Palazzo della Secessione a Vienna, disegnato da Joseph Maria Olbrich, rappresentava un salto leggero e ottimista nel futuro.
Qualsiasi temine si scelga per definirla, l’Art Nouveau fu davvero un movimento universale, un fenomeno che segnava il cambio di secolo. Praga, come ovunque in Europa, ne fu da subito entusiasta. La pittura, la scultura, le opere grafiche, e le moltissime novità urbane, riuscirono a plasmare la città con forme e decorazioni morbide, gentilmente sinuose e leggere.
Alfons Mucha, come molti artisti e architetti di quel momento, come Friedrich Ohmann, Jan Kotera, Joseph Fanta, aveva viaggiato, oltre che a Parigi e New York, a Vienna, dove aveva conosciuto la preziosa e coraggiosa lezione della Secessione Viennese di Otto Wagner.
Edifici Art Nouveau sono in tutta Praga e in molta parte della Repubblica Ceca. Uno speciale benvenuto a viaggiatori in cerca di atmosfere Art Nouveau lo dà la Stazione Centrale di Joseph Fanta, completata nel 1909, con una grande sala semicircolare centrale, dove si possono vedere bellissimi affreschi e tante decorazioni.
Con la supervisione di Friedrich Ohmann, proprio a cavallo dei due secoli, dal 1899 al 1902, era stato costruito a Praga l’Hotel Central, tra i primi veri edifici in quel nuovo stile, con ogni dettaglio progettato dall’architetto, che cercava la sua opera d’arte totale, con disegni sul portale, decorazioni sopra le finestre e, all’interno dell’hotel, con le grate, illuminazione, ascensore e vetrate. Osservando l’hotel, anche da fuori, ci si può rendere conto dello splendore di Praga d’inizio Novecento. L’hotel Europa, in Piazza San Venceslao, è un altro simbolo di quest’epoca, costruito tra il 1903 e il 1906, ed è in realtà due hotel, dove l’attenzione si era concentrata su ogni particolare per renderlo di grande lusso. Anche l’Hotel Paris nella città vecchia, anche se in stile neogotico, ha molti particolari Art Nouveau ed è stato dichiarato monumento storico. Così come il Salone Topic di Polivka, con la ricca facciata, o l’edificio delle Assicurazioni in via Spálená. Palazzo Lucerna nella città nuova, con infiniti intrecci e passaggi, ospita negozi, teatri, un cinema ed è collegato al Novak Arcade, che ha un’altra facciata ricca di dettagli Nouveau. E il Café Imperial, costruito negli anni 1913 e 1914 su progetto di Benedikt, ha una decorazione a mosaico negli interni, proprio in tardo stile Art Nouveau, come nella cattedrale di San Vito, completata nel 1912, dove esistono vetrate di Mucha sulla destra, realizzate dopo la guerra, raffiguranti i Santi Cirillo e Metodio.
La Casa Municipale, in piazza Repubblica, creata con l’intenzione tipica di quegli anni che voleva rendere l’arte accessibile a tutti, è stata progettata dagli architetti Balsanek e Polivka (al posto dell’antica Corte Reale) ed è stata finita nel 1911. Un grande mosaico semicircolare in stile secessionista di Karel Spillar, chiamato «Omaggio a Praga», sta sopra l’ingresso principale e gli interni, oltre a contenere una tecnologia al tempo molto moderna e innovativa (come ascensori e riscaldamento ancora funzionanti) e una suggestiva cupola di vetro, ospitano opere di grandi artisti dell’Art Nouveau. Le tante stanze, con il nome di antichi eroi cechi, grazie al sempre più presente nazionalismo, hanno decorazioni, arredi, vetrate Art Nouveau e di quello spirito innovativo. Con tre ristoranti, tra cui il Café Nouveau, c’è la sala ottagonale del sindaco disegnata da Alfons Mucha, e la grande sala concerti Smetana dove, nel 1918, era stata letta la dichiarazione di indipendenza della nuova Cecoslovacchia.
Finita la Grande Guerra, con la Cecoslovacchia finalmente indipendente, Mucha, a cui oggi è dedicato un museo nella città nuova, aveva lavorato per disegnare il francobollo dell’indipendenza e le banconote della prima banca nazionale e aveva ancora viaggiato ma, nel 1939, quattro mesi dopo l’Occupazione nazista del paese, e un interrogatorio da parte della Gestapo, l’elegante angelo dei manifesti Art Nouveau era partito per sempre.