Etihad dovrà aspettare, se vuole Alitalia alle condizioni capestro che gli arabi di Abu Dhabi hanno posto per entrare in società con l’ex compagnia di bandiera italiana. Sono due le fotografie del fallimento di quella che doveva essere un’operazione strategica, da condurre a tambur battente e con l’intervento diretto del governo per (non) sciogliere il nodo di 2.251 licenziamenti, diventati “soltanto” 1.687. La prima immagine è quella del leader cislino Raffaele Bonanni che se la prende con l’amico di tanti accordi separati Luigi Angeletti, accusando la Uil di essere un “sindacato corporativo” subito dopo il naufragio del referendum sul contratto nazionale e gli integrativi aziendali. La seconda foto, davvero preoccupante se solo si pensa a chi ne sono i protagonisti – Intesa San Paolo, Unicredit, Colaninno, Benetton e Poste Italiane – è la mancata comunicazione dei dati del bilancio 2013, chiuso ufficiosamente con un profondo rosso di 569 milioni di euro. E di quale sia la ripartizione fra i soci Alitalia dell’ennesimo aumento di capitale, stavolta da 250 milioni, essenziale per non lasciare a terra gli aerei tricolori.

Dall’amministratore delegato di Alitalia-Cai, Gabriele Del Torchio, arriva solo questa informazione: “Abbiamo fatto un’importante pulizia di bilancio, con accantonamenti e riserve”. Che, sempre per vie traverse, vengono date intorno ai 233 milioni. A seguire Del Torchio aggiunge: “Oggi si è fatto un importante passo avanti, funzionale all’accordo con Etihad. Una decisione alla quale ha contribuito molto il risultato del referendum”. La chiave di lettura delle parole dell’ad arriva dalla Fit Cisl: “La mancanza del quorum ha annullato il referendum, non gli accordi”.

La consultazione, decisa da Filt Cgil, Fit Cisl e Ugl (su diktat temporale dei vertici Alitalia-Cai) per cercare di “validare” un accordo contrattuale con tagli agli stipendi pari a 31 milioni complessivi, era stata contestata da Uilt, dalle sigle sindacali di piloti e assistenti di volo Anpac, Avia e Anpav, e dai sindacati di base Usb e Cub. Con le urne aperte meno di 48 ore, su un totale di 13.190 addetti Alitalia i votanti sono stati 3.555, il 26,95% degli aventi diritto. Subito Anpac & c. hanno attaccato: “Cgil, Cisl e Ugl non rappresentano i naviganti e non hanno il consenso della maggioranza dei lavoratori di terra. Per il fallito referendum hanno votato 49 piloti su 1.645 (circa il 3%), 200 assistenti di volo su 3.800 (meno del 6% ) e 3.300 dipendenti di terra su 7.100 (meno del 46%)”.

Non mancano però i battibecchi sulla validità delle intese separate, primo effetto pratico dell’assai discusso Testo unico sulla rappresentanza. “Ora dovremo fare un nuovo accordo – dicono dalla Uilt – perché questo è stato bocciato. Allo stato attuale, diffidiamo l’azienda dal prelevare soldi dalle retribuzioni dei nostri iscritti”. Niente affatto, replicano Filt e Fit: “Gli accordi sono validi perché firmati dalle organizzazioni sindacali che rappresentano il 65% dei lavoratori. La mancanza del quorum annulla il referendum, non gli accordi: c’è scritto nel Testo unico sulla rappresentanza”. Sulla stessa linea la proprietà Alitalia-Cai: “Il mancato raggiungimento del quorum, sulla base del Testo unico sulla rappresentanza e democrazia sindacale, conferma la validità degli accordi sottoposti a referendum”.

Nel mentre c’è chi fa i conti dell’avventura dei “capitani coraggiosi” che sei anni fa ottennero dal governo Berlusconi una compagnia aerea senza dover pensare ai costi esorbitanti di esuberi, debiti e attività da dismettere, tutti pagati dallo Stato e cioè dai contribuenti. Al dunque Alitalia-Cai dal 2008 al 2013 ha perso ben 1.412 milioni. Quanto alle perdite del 2014, Air France-Klm, con il suo 7%, nella relazione semestrale sui conti ha messo fra gli accantonamenti “una perdita di valore di 21 milioni di euro sui titoli Alitalia”. Va da sé che la compagnia franco-olandese non partecipa all’aumento di capitale: “Non inietteremo cash”. Quanto a Poste Italiane, azionista al 19%, che dopo aver visto svanire 75 milioni in pochi mesi ha deliberato che un ulteriore esborso di 40 milioni andrebbe solo ad Alitalia-Etihad e non certo ad Alitalia-Cai, l’ad Del Torchio in serata ha provato a spiegare: “Ci siamo ragionando”. Nel mentre Renzi incontrava Federico Ghizzoni di Unicredit e Giovanni Castellucci di Autostrade e Atlantia, cioè Benetton.