Nella linea del Sindacato critici che (con Torri e Micciché al festival di Pesaro) riusciva a far evadere pellicole supercensurate e autori dei paesi dell’est, abbiamo quest’anno alla Settimana della Critica che si terrà alla Mostra di Venezia dal 31 agosto al 10 settembre, un autore su cui incombe una pesante condanna: Kewyan Karimi, giovane iraniano di origine curde sunnite. Già ben conosciuto nei festival internazionali per i suoi documentari Broken Border, The Adventures of a Married Couple presenterà (senza potersi allontanare dal paese, privato del passaporto) il suo film d’esordio, Drum.

A causa di Writing on the City del 2012 che raccontava la storia del suo paese dalla rivoluzione islamica del 1979 alla rielezione di Ahmadinejad nel 2009 attraverso i graffiti apparsi sui muri di Teheran era stato arrestato, condannato a sei anni e 223 frustate per offesa alla sacralità islamica e dopo una mobilitazione internazionale, con sentenza definitiva di condanna a un anno di carcere e 223 frustate. Il film che aveva ricevuto l’approvazione era poi diventato emblema del proibito e la condanna ha suscitato in tutto il mondo una serie di proteste (da Amnesty International ai cineasti francesi, alle firme a titolo personale, agli appelli dello stesso Sindacato critici).

La sentenza non è stata eseguita, viene rimandata di settimana in settimana, una crudele tadizione che hanno subito anche altri cineasti iraniani (come Panahi Orso d’oro a Berlino pur in attesa dell’appello). Drum (la batteria) è un film tutto girato di notte in bianco e nero: «Ma non è un film girato per disperazione, è un film d’artista» sottolinea Giona A. Nazzaro il delegato generale della Settimana della critica che parla del film come di una rivelazione, uno di quei casi che mettono d’accordo tutti i componenti della commissione di selezione. Sono da quest’anno Luigi Abiusi il critico che ha creato a Bari «Registi fuori dagli Sche(r)mi» di cui i nostri lettori hanno avuto ampi reportage, Alberto Anile studioso che ha fatto scoprire Orson Welles anche agli americani, Beatrice Fiorentino critico del Piccolo, Massimo Tria esperto di cinema dei paesi dell’est.

Dei 500 film visionati, gli altri film in concorso, rigorosamente opere prime, fanno parte del prestigioso programma: Le ultime cose dell’italiana Irene Dionisio (già regista del documentario La fabbrica è piena) una storia che si svolge attorno ai drammi del Monte di Pietà di Torino, altro film folgorante è The Last of Us del videoartista tunisino Ada Eddine Slim, il tema della migrazione che diventa apologo filosofico, «sperimentale nel rifiuto delle suggestioni naturalistiche», Jour de France di Jérôme Reybaud, quattro giorni e quattro notti in giro per la Francia, un Tour in cui si può essere localizzati tramite app, un regista «allievo» di Paul Vechiali (autore di Qui êtes-vous Paul Vecchiali?); il colombiano Los Nadie di Juan Sebastian Mesa, artisti di strada a Medellin,; Frank, una commedia canadese post punk di Vincent Biron (ricordate Harmony Korine?) e immerso nella musica è il film filippino di Bradley Liew Singing in Graveyards, interpretato da Pepe Smith leggenda del rock filippino e da Lav Diaz, leggenda del cinema.

Film d’apertura sarà il thriller post femminista Prevenge esordio dell’attrice Alice Lowe, sui mutamenti che avvengono in gravidanza, film di chiusura Are we no Cats di Xander Robin, immerso nel sound Motown e nella new wave degli anni ’80.

Novità di quest’anno della Settimana della Critica in collaborazione con l’Istituto Luce Cinecittà è la presentazione di sette corti a dare un’idea dello stato delle cose nel cinema italiano (netta è la maggioranza delle cineaste, tra cui Valentina Pedicini e la sperimentazione rispetto alla narrazione), selezionati da ottanta lavori inviati più l’Evento speciale assai atteso di un cortometraggio inedito di Marco Bellocchio Pagliacci (2016)realizzato con il laboratorio Farecinema di Bobbio.