L’Europa è un grande mistero. La crescita economica rimane un auspicio e gli operatori finanziari, consapevoli della situazione, lo ricordano puntualmente. Non amo gli speculatori, ma quello che è accaduto ai titoli degli istituti di credito e, soprattutto, ai titoli pubblici sono più di un campanello di allarme. L’Europa non ha nessuna idea di come affrontare la crisi e continua a suggerire le stesse ricette.

L’ultima in ordine di tempo è quella di un Ministero delle Finanze Unico Europeo. La proposta arriva dai presidenti delle banche centrali tedesca e francese. La motivazione è solo in apparenza piena di buon senso: «L’Europa, a fronte di elevati deficit e squilibri economici, si trova chiaramente di fronte a un bivio… un’integrazione più forte sembra la strada più vicina per ripristinare la fiducia all’interno di Eurolandia poiché favorirebbe lo sviluppo di strategie comuni per le finanze pubbliche e per le riforme promuovendo quindi la crescita». Questo Ministro cosa dovrebbe fare? Sono tre i pilasti alla base dell’idea: 1) programmi di riforme nazionali portati avanti con determinazione; 2) unione di finanziamenti e investimenti; 3) una migliore governance economica.

A pensare male si fa peccato, ma c’è qualcuno da sistemare e si inventa un Ministro delle finanze? Per implementare le policy suggerite basta e avanza la Commissione Europea.

Il tema, se ben trattato, potrebbe diventare una opportunità. Un ministro delle finanze ha senso nella misura in cui l’Europa si dota di un bilancio pubblico coerente al suo livello economico. Il 5% del Pil sembra la dimensione minima per costruire una politica economica dignitosa e per dare un senso all’ipotesi di un ministro delle finanze. Ma non basta. Il bilancio pubblico europeo, infatti, ha un vincolo ancor più cogente e stringente dell’attuale rapporto-peso sul Pil europeo (approssimativamente l’1%). Fino a quando il bilancio pubblico europeo è finanziato dai trasferimenti degli stati appartenenti all’Europa, la politica economica non sarà mai indipendente e realmente europea.

L’Europa deve diventare libera e autonoma dai trasferimenti degli stati, e maturare una sana politica economica capace di agire dal lato delle entrate e dal lato delle spese. Servirebbe un’altra architettura. Come per tutti i bilanci pubblici, quello europeo potrebbe finanziarsi con titoli di debito pubblico, e la Bce dovrebbe giocare un ruolo almeno pari a quello della Fed. Sarebbero titoli di debito necessari per finanziare gli investimenti e per sostenere la domanda. Solo in questo modo è possibile chiudere la forbice tra nord e sud d’Europa. Se la politica economica è quella della buona occupazione, del ben-essere e, in ultima analisi, di un Europa matura e prospera, la cornice istituzionale appena delineata è l’unica possibile.

Non serve un Ministro per il piano Juncker. È inutile ed è, soprattutto, il contrario della politica economica. L’Europa continua a perdere tempo ed energie. La politica monetaria di Draghi non raggiunge chi veramente ne ha bisogno, e non può sostituire le politiche pubbliche per cambiare la struttura produttiva e la distribuzione del reddito.

Non si è mai vista nella storia uno Stato senza tasse e senza spese. Non credo che i presidenti delle banche centrali di Francia e Germania volessero suggerire un bilancio pubblico adeguato per sostenere l’ipotesi di un Ministro delle finanze, ma a questo punto possiamo ben dire: ci sono o ci fanno?

Il 2016 potrebbe diventare un anno pericoloso quanto e come il 2015. Potrebbe anche andare peggio. L’Italia reclama le sue flessibilità di bilancio per raggirare e sostenere i soliti noti. Servirebbe un progetto e un orizzonte europeo. Forse la tempesta perfetta che sembra profilarsi all’orizzonte potrebbe diventare una occasione. Roosevelt ha guardato in faccia il suo popolo e non era contento di come viveva. Ha fatto la rivoluzione che servirebbe oggi all’Europa.