Uno scontro che ha visto mobilitati premi Nobel per la letteratura e nomi pesanti della narrativa contemporanea statunitense. Con una lettera aperta a Amazon, oltre mille scrittori hanno denunciato le pratiche monopoliste da parte dello store online con la conseguente discriminazione di alcune case editrici e autori che non accettano le politiche commerciali di Amazon.
Tutto è iniziato quasi per caso. La divisione americana della casa editrice francese Hachette era ai ferri corti con Amazon per le politiche di sconti che lo store digitale applicava per i titoli della casa editrice. Una percentuale che Hachette riteneva incongrua. Un classico contenzioso commerciale che aveva alti e bassi, ritorni di fiamma e «glaciazioni» nei rapporti tra le due società, fino a quando uno scrittore americano, Douglas Preston ha cominciato a fare domande sul perché le vendite dei suoi libri fossero ferme.
Preston era infatti fermamente intenzionato a capire perché gli ebook pubblicati da Hachette non vendessero nulla. Le risposte di Amazon erano sempre vaghe e generiche, fino a quando lo scrittore ha «scoperto» che la società di Jeff Bezos «discriminava» tutti i titoli di Hachette. Tesi già sostenuta dalla casa editrice francese e mai smentita o confermata da Amazon, che rinviava alle dinamiche di mercato: in fondo che responsabilità può avere un venditore se non c’è pubblico che acquista libri usciti per questo o quell’editore? È però emerso che non solo le vendite rimanevano ferme, ma che Amazon ha spesso promosso, attraverso mail e banner, libri che escludevano sistematicamente Hachette. In difesa del suo operato, Amazon citava il caso di un libro pubblicato da un esponente della destra repubblicana che continuava a vendere. E molto. Di fronte a comunicati, accuse, difese d’ufficio che non cambiavano nulla, lo scrittore Douglas Preston ha cominciato a coinvolgere ad altri autori, narrando la sua vicenda. Per Preston, Amazon non solo solo discriminava Hachette, ma imponeva a tutte le case editrici una politica degli sconti a suo vantaggio. In quel conflitto, concludeva Preston, venivano a trovarsi penalizzati proprio gli scrittori.
Lo scrittore statunitense non poteva certo pensare che le sue missive e mail si sarebbero propagate come un virus, arrivando nelle caselle di posta di gran parte degli autori americani e di alcuni Nobel per la letteratura. Non sono mancate prese di posizione, o di parola, di scrittori «pesanti» contro Amazon come Philip Roth, Stephen King, Scott Turow. Ed è dei giorni scorsi la diffusione di una lettera aperta sottoscritta da nobel della letteratura come Orhan Pamuk e V.S. Naipaul, romanzieri come Milan Kundera e Salman Rushdie, insieme ad altri mille colleghi.
Secondo i firmatari della lettera aperta, Amazon conduce una politica monopolistica che penalizza editori e autori. Si chiede dunque – a Jeff Bezos – di porvi fine, annunciando che il passo successivo alla presa di parola collettiva sarà la richiesta al governo di bloccare tale politica monopolistica. Immediata la reazione di Amazon, che ha rispolverato il mantra dei vantaggi per i consumatori finali dei libri, perché la politica degli sconti riduce sensibilmente il costo dei romanzi o dei saggi prenotati online. Tema che difficilmente potrà fermare le critiche «globali» verso Amazon, sotto i riflettori non solo per le politiche commerciali, ma anche per i bassi salari dei suoi dipendenti e per le pratiche di «dissuasione» verso l’ingresso dei sindacati nei suoi stabilimenti.
Non è la prima volta che le major della Rete entrano in rotta di collisione con l’editoria cartacea. Il precedente più illustre è il conflitto tra Google e molti editori e librai, dopo l’annuncio e l’avvio della digitalizzazione di diversi libri da parte della società di Larry Page e Sergej Brin. In quella occasione, le critiche riguardavano la sospetta violazione del copyright da parte di Google. Questa volta, invece, l’accento è posto sui danni arrecati agli autori stessi da una situazione di monopolio nella vendita di libri.