Il ciclone Renzi si è abbattuto sul clima in Europa strappando un nulla di fatto. L’esito del Consiglio europeo su clima e energia 2030 è arrivato a tarda notte ma non ha portato nessuna buona notizia. Un’ennesima, grande occasione sprecata, frutto della disattenzione con cui il nostro governo ha gestito la partita, limitandosi a svolgere un ruolo notarile di presidente di turno dell’Ue, cedendo alle minacce di veto britanniche e polacche, unendo una scarsa capacità di leadership a una ancor più debole volontà politica di investire nello sviluppo di un’economia europea a basse emissioni di carbonio e cedendo, ancora una volta, alla lobby del fossile.

Come nella peggiore delle ipotesi, i leader europei hanno addirittura peggiorato la proposta poco ambiziosa e inadeguata della Commissione uscente, raggiungendo l’accordo su tre obiettivi comunitari al 2030: 40% di riduzione interna delle emissioni di Co2 vincolante per gli Stati membri; aumento al 27% per le rinnovabili, vincolante solo a livello comunitario; incremento al 27% dell’efficienza energetica, obiettivo solamente indicativo.

Ma il livello di ambizione comunitario degli obiettivi climatici ed energetici concordati dal Consiglio europeo – come dimostrano diverse analisi indipendenti – non è coerente con la traiettoria di riduzione delle emissioni di almeno il 95% al 2050, la sola in grado di contribuire a contenere il riscaldamento del pianeta almeno sotto la soglia critica dei 2°C. Ridurre le emissioni dell’80% entro il 2050 non sarà sufficiente: le emissioni globali continuano a crescere e il loro picco non sarà raggiunto presto. La scienza, infatti, ci dice che se vogliamo mantenere l’aumento della temperatura al di sotto dei 2°C – e visto che l’obiettivo europeo sarà usato come riferimento dagli altri paesi nei negoziati verso il nuovo accordo globale sul clima previsto a Parigi nel dicembre 2015 – è necessario che l’Unione europea si impegni a una riduzione delle emissioni di gas-serra del 95% entro il 2050, come giusto contributo per prevenire pericolosi cambiamenti climatici. A tal fine, la Ue deve ridurre le sue emissioni ben oltre il 40% entro il 2030. Per raggiungere questo obiettivo, il ruolo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica è cruciale. Per ciò è necessario definire tre obiettivi coerenti che si supportino a vicenda, ambiziosi e legalmente vincolanti.

Gli obiettivi vincolanti per le rinnovabili e l’efficienza energetica sono essenziali per garantire la sicurezza energetica dell’Ue, rendendola meno dipendente dalle dinamiche geopolitiche, ma l’obiettivo comunitario proposto manca di ambizione e non fornisce la necessaria certezza per gli investitori. La proposta del 27% è, infatti, appena il 3% al di sopra dell’attuale trend al 2030. La crescita del settore delle rinnovabili, pertanto, si ridurrebbe dal 6.4% annuo dell’ultimo decennio ad appena l’1.4% per il periodo 2020-2030. Inoltre, l’obiettivo del 27% per l’efficienza energetica proposto dal Consiglio europeo è inadeguato e non coglie appieno le potenzialità del risparmio energetico in Europa. Recenti studi dimostrano che il 40% di risparmio è possibile tecnicamente ed economicamente, consentendo una riduzione delle importazioni di gas del 40% e di petrolio del 22% e alleggerendo così sensibilmente la bolletta energetica europea che ormai supera i 400 miliardi di euro l’anno.

Nei prossimi mesi la nuova Commissione Juncker dovrà predisporre il pacchetto di proposte legislative su cui Consiglio e Parlamento dovranno poi raggiungere un accordo. Un pacchetto legislativo che deve essere ambizioso e avere un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas-serra che vada ben oltre il 40%, noi chiediamo il 55%; che escluda l’utilizzo di crediti internazionali per il raggiungimento di questo obiettivo per riequilibrare l’assurda situazione attuale, per cui oggi il 75% dei crediti esterni Ue è realizzato in Russia, Ucraina e Cina, penalizzando gli investimenti domestici nelle tecnologie pulite.

Siamo solo all’inizio della partita. I prossimi mesi saranno cruciali per verificare la reale volontà e capacità politica del Parlamento e della nuova Commissione di imporre ai leader europei la necessaria inversione di rotta per investire senza indugi in una economia europea a basse emissioni di carbonio. La sola in grado di farci superare la doppia crisi climatica ed economica creando nuove opportunità occupazionali, dell’innovazione e dello sviluppo di tecnologie pulite. Una sfida che l’Europa e l’Italia non possono fallire.