Alla fine è andato tutto come previsto. O temuto, a seconda del punto di vista da cui si guarda la vicenda processuale dell’Ilva di Taranto.

La prima novità dell’udienza di ieri del processo «Ambiente Svenduto» sul presunto disastro ambientale del siderurgico tarantino, è stata la notizia dell’entrata in amministrazione straordinaria della Riva Fire (la holding di famiglia del gruppo, in liquidazione dal febbraio 2015) che ha anche cambiato denominazione in «Partecipazioni industriali spa». I commissari straordinari che la guideranno, nominati dal Mise, sono gli stessi dell’Ilva: Piero Gnudi, Alfredo Laghi e Corrado Carrubba. Gli avvocati che hanno seguito sino a ieri Riva Fire nell’inchiesta e nel processo, hanno invece rinunciato al loro mandato: al loro posto la società ha nominato l’avvocato Massimo Lauro di Roma, che ha chiesto ed ottenuto un termine a difesa.

 

20clt2sottoilva-taranto_0

Durante l’udienza di ieri è intervenuto il procuratore capo di Taranto, Carlo Maria Capristo, che ha chiesto alla Corte d’Assise che venga fissato un termine congruo di rinvio in quanto è in corso la trattativa per il patteggiamento della Riva Fire, confermata anche dal legale Lauro che ha ottenuto il consenso del Mise a trattare. Il rinvio è stato deciso anche per consentire ai nuovi legali di studiare a fondo l’infinità di carte e documenti riguardante il processo in corso.
L’accordo, lo ricordiamo, prevede la rinuncia da parte della famiglia Riva a 1,2 miliardi di euro, risorse bloccate in Svizzera e confiscate al gruppo dalla procura di Milano, che saranno destinate all’ambientalizzazione dell’Ilva, come hanno previsto i giudici milanesi e i vari decreti approvati nel corso degli anni per il salvataggio del gruppo e l’ultimo emendamento approvato nella legge di Bilancio.

Nell’udienza di ieri inoltre, la società Ilva e la Riva Forni Elettrici (altra società del gruppo formatasi nel 2012), hanno depositato l’istanza con richiesta di patteggiamento su cui hanno trattato con la Procura di Taranto. L’intesa per Ilva prevede 3 milioni di euro a titolo di sanzione pecuniaria, 8 mesi di commissariamento giudiziale e 241 milioni di euro di confisca quale profitto del reato. A due milioni di euro invece, dovrebbe ammontare la sanzione pecuniaria per Riva Forni Elettrici. La corte adesso dovrà valutare se accettare o meno le richieste di patteggiamento (diventando però incompatibile con il proseguo del processo, che continuerebbe poi con una nuova Corte d’Assise) oppure lasciare che il presidente del tribunale possa decidere di nominare nuovi magistrati. È chiaro che una volta accettato il patteggiamento (che porterebbe le tre società fuori dal processo) decisione sulla quale al momento non paiono esserci dubbi), non ci sarà alcun risarcimento per le parti civili ammesse al processo (oltre un migliaio per una richiesta di risarcimento pari ad oltre 30 milioni di euro). Di fronte al patteggiamento infatti, (così come previsto dal codice) il giudice non risponde sulle parti civili per le quali ci potrà essere soltanto il riconoscimento delle spese legali. Le posizioni dei singoli imputati Fabio e Nicola Riva, accusati di una serie di reati gravissimi – dal disastro ambientale all’avvelenamento di sostanze alimentari – resteranno all’interno del processo.

Infine, nell’udienza del prossimo 17 gennaio, la Corte d’Assise presieduta dal giudice Michele Petrangelo dovrebbe finalmente esprimersi in via definitiva sulle eccezioni sollevate nelle precedenti udienze dai legali della difesa delle società e di vari imputati, circa la necessità di spostare il processo al tribunale di Potenza.