Tutti contro Angela Merkel. Dopo la strage di Monaco e il kamikaze dello Stato Islamico ad Ansbach parte il tiro incrociato contro la cancelliera, assediata dagli avversari quanto dagli alleati. La “Grande opposizione” chiede la fine della sua «politica di benvenuto» ai profughi e l’inizio delle espulsioni immediate per i richiedenti asilo senza le carte in regola.

Da destra il governatore della Baviera, teatro degli ultimi attacchi, Horst Seehofer propone la “schedatura” di tutti i rifugiati nel Paese mentre da sinistra la capogruppo della Linke al Bundestag critica «lo sconsiderato slogan di Merkel: “Ce la facciamo”».

Detona così l’effetto collaterale dei tre attacchi commessi da profughi nell’ultima settimana, ultima scheggia dell’esplosione di violenza nel sud della Germania. L’elaborazione politica del lutto. «Altro che Wilkommenkultur, abbiamo bisogno della cultura dell’addio», scandisce Armin Schuster, delegato Cdu alla sicurezza al Bundestag, sventolando i dati ufficiali. «Oltre 200mila rifugiati respinti dovrebbero essere espulsi eppure sono ancora qui», riassume il politico dello stesso partito della cancelliera. Più diretto perfino dei bavaresi, impegnati a smontare (davvero) la linea imposta da Berlino.

«Così non va. Non possiamo più fare entrare decine di migliaia di rifugiati ogni anno», si lamenta Florian Hahn deputato Csu. Anticipa la bordata del governatore della Baviera Horst Seehofer pronto ad «andare fino in fondo» all’emergenza profughi. Tradotto significa: moltiplicazione della polizia nel Land, espulsioni immediate per i migranti con la domanda di asilo bocciata e schedatura del milione e mezzo di richiedenti asilo residenti in Germania.

«Abbiamo bisogno di sapere chi sono veramente questi immigrati. E di accelerare i respingimenti di chi non può più stare da noi», conferma Seehofer. Ieri il leader del Csu ha riunito il Gabinetto del Land sul tema della sicurezza. Ordine del giorno: la richiesta di rivedere le leggi (tedesche e dell’Unione Europea) che impediscono di espellere subito gli indesiderati.

Da destra getta benzina sul fuoco Alternative für Deutschland («immigrazione uguale terrorismo») ma la vera bordata arriva da sinistra. La strage di Monaco, l’omicidio di Würzburg e la bomba ad Ansbach fanno perdere la pazienza a Sahra Wagenknecht, capogruppo della Linke in Parlamento. Ospite del primo canale della tv pubblica, ha attaccato così la cancelliera. «Gli avvenimenti degli ultimi giorni dimostrano che l’accoglienza e l’integrazione di un grande numero di rifugiati presenta notevoli problemi. Molto più difficili da affrontare rispetto a quanto ci abbia voluto far credere Merkel con il suo sconsiderato: “Ce la facciamo”».

Il rischio secondo Wagenknecht è «la guerra tra poveri, come già accade nella ricerca degli alloggi e nel lavoro dove i tedeschi sono messi in concorrenza con i migranti». Da qui la fine del tabù che ha fatto perdere al partito migliaia di voti alle elezioni regionali di marzo.

«Pretendere più sicurezza e rispetto delle regole non è di destra» spiega Wagenknecht. Innesca l’ennesimo focolaio sotto la poltrona della cancelliera Merkel, ancora in vacanza nella casa di campagna nell’Ueckermark, ma la «Germania sicura» della leader è fuori-linea con la base del partito.

«Riaprirà il dibattito sull’immigrazione che ha già spaccato la Linke», avvertono i militanti. Proprio come dopo il sex-mob di Capodanno a Colonia quando Wagenknecht dichiarò che «chi abusa del diritto di ospitalità lo perde» e «la Germania non può accogliere tutti».

Intanto non si ferma la psicosi-attentati nel Paese. Ieri all’ospedale “Franklin” a Berlino un ex paziente ha sparato a un medico prima di suicidarsi. Nessuna traccia di attacco islamista ma sul posto sono intervenute le teste di cuoio della polizia e gli esperti anti-terrorismo.

Anche se il messaggio più inquietante resta il graffito apparso nella notte nelle stazioni ferroviarie di Heidenau, Heidenau-Süd, Königstein e Grosszschachwitz (Dresda). Sagome di cadavere disegnate con il gesso, vernice rosso sangue, e la scritta: «L’immigrazione uccide».

Secondo la stampa sassone gli autori sono gli stessi che il 17 luglio imbrattarono altre stazioni con la traduzione in arabo di «Tornatevene nel vostro Paese».