La sera del 23 agosto i 12 piani della Torre Zafer, nel centro di Gaza city, vennero giù in un attimo. Centrati da una bomba ad alto potenziale sganciata da un F-16 israeliano, si trasformarono in una nuvola di polvere e detriti. Un messaggio inviato dalle forze armate israeliane prima dell’attacco risparmiò la vita a centinaia di civili palestinesi. Ma 44 famiglie in un lampo persero la casa e tutto quello che avevano. E la fuga dei civili tra urla di panico provocò il ferimento di 22 persone, tra le quali 11 bambini e cinque donne. Perse la vita un uomo, un anziano, in un edificio vicino, colto da infarto. Il mattino successivo alcuni di quelli che vivevano nella Torre Zafer cominciarono a rovistare tra le macerie fumanti con la speranza di recuperare qualcosa di ciò che avevano perduto. I più fortunati rimediarono qualche materasso sporco. Scene che si sarebbero ripetute altre volte durante gli ultimi quattro giorni dell’offensiva israeliana “Margine Protettivo” contro Gaza: la telefonata di avvertimento, la fuga nel terrore di decine di famiglie, l’esplosione tremenda che polverizza la torre residenziale e danneggia gli edifici circostanti. Per distruggere i 10 piani dell’Italian Mall, un progetto privato italiano degli anni 90, gli aerei sganciarono sette bombe. Le immagini di queste distruzioni – che Israele giustificò affermando la presenza nei quattro alti edifici colpiti di uomini ed uffici di Hamas – fecero il giro della rete generando rabbia e sgomento.

 

Amnesty International per mesi ha indagato su questi attacchi alle torri residenziali di Gaza city e in un rapporto diffuso ieri accusa apertamente Israele di crimini di guerra, di violazione del diritto umanitario internazionale e di aver intenzionalmente causato danni economici ai palestinesi. «Tutte le prove che abbiamo dimostrano che questi abbattimenti su larga scala sono stati effettuati deliberatamente e senza una giustificazione militare», ha spiegaro Philip Luther, direttore di Amnesty per il Medio Oriente ed il Nord Africa. Gli attacchi, ha aggiunto, sono stati «una punizione collettiva inflitta agli abitanti di Gaza». D’altronde sono stati proprio dei militari israeliani, intervistati dai ricercatori dell’ong per i diritti umani con sede a Londra, a parlare di «punizione collettiva» a danno dei civili di Gaza e per distruggere le attività economiche. E’ il caso, ad esempio, del Centro commerciale di Rafah. Anche lì, secondo i comandi militari israeliani, Hamas aveva suoi uffici e depositi di armi. Per Amnesty invece gli attacchi ai grandi edifici non avevano alcuna giustificazione militare e quindi chiede che questi «crimini di guerra» siano perseguiti in maniera imparziale e indipendente e i responsabili portati in tribunale per essere processati. E ciò potrebbe avvenire, se i leader palestinesi lo vorranno.

 

La Palestina infatti è diventata membro osservatore della Corte penale internazionale (Icc) dell’Aia. Passo che teoricamente apre la strada a una iniziativa legale palestinese contro l’occupazione militare ma che sino ad oggi il presidente dell’Anp Abu Mazen non ha intrapreso a causa di pressioni americane e degli avvertimenti di gravi ritorsioni da parte di Israele (è tra i Paesi che non hanno ratificato – e non ha intenzione di farlo – l’istituzione dell’Icc). Avvertimenti rinnovati ieri. «I palestinesi stanno giocando con il fuoco – hanno commentato fonti ufficiali israeliane –, rischiano di essere perseguiti da Israele per il coinvolgimento in atti di terrore e per il lancio di razzi dal loro territorio». Quanto alla denuncia di Amnesty, per l’ambasciata israeliana a Londra, si tratterebbe di una descrizione «decontestualizzata» degli eventi fondata «in maniera pesante su testimonianze date da anonimi operatori sul campo locali che non sono identificati e la cui credibilità non è mai messa in questione». L’ong, aggiunge l’ambasciata, non avrebbe indagato anche sui lanci di razzi da parte dei palestinesi.

 

In questo clima di tensione e di scambi di accuse, si aggiungono come benzina sul fuoco i “progetti” di cittadini stranieri decisi a scatenare l’inferno. Un americano cristiano è stato arrestato con l’accusa di voler compiere attentati contro i musulmani. Il texano Adam Everett Livvix, 30 anni, avrebbe cercato di ottenere esplosivo per far saltare i siti islamici a Gerusalemme. Livvix, che ha vissuto prima in Cisgiordania e poi in Israele, si presentava come un membro dei Navy Seal, i famosi commando americani.