Si narra che Rudolf Virchow sfidò Bismarck in duello con una salsiccia infettata con il vibrione del colera. A quel punto Bismarck, che non era certo una damigella impressionabile, accettò la sconfitta nell´amichevole incontro. Il patologo, scienziato, antropologo tedesco, considerato un luminare nella medicina del XIX secolo, fonda nel 1899 il suo museo di patologia anatomica, quello che è oggi il Museo Storico di Medicina all´interno dell´ospedale universitario Charité di Berlino. Dal 2007 al pubblico sono aperti gli ambienti della medicina occidentale nei suoi trecento anni di sviluppo, ovvero il teatro anatomico, la sala autoptica del patologo, il laboratorio, la clinica ed ambulatorio, sotto forma di modellini e fotografie, strumentazione e teche di preparati anatomici. La storia di una malattia può essere qui riassunta in ciò che per molti rappresenta un ostacolo alla visita di questo speciale museo: 750 organi sotto formaldeide, compresi feti prematuri e deformati. Per la prima volta in vetrina l´artrite appare a chi ne soffre in tutto il suo splendore mentre un polmone d´acciaio riposa accanto strumenti di supporto per parti difficili che potrebbero intimorire qualsiasi diabolico torturatore. Grazie a Virchow le norme relative all´igiene sono giunte allo sviluppo attuale; uno studio sull´epidemia di febbre petecchiale gli permise di estrarre una teoria sociologia per cui i fattori socio economici, come la povertà, potessero agire come fattori determinanti. La curiosità per l´antropologia e la preistoria condusse il patologo verso l´analisi di teschi le cui malformazioni, unite a sondaggi sugli studenti, furono utili per arrivare a concludere che non esisteva nessuna razza pura tedesca, ma solo diverse morfologie. Naturalmente tale constatazione non ebbe molto seguito tra le file nazionalsocialiste.

Anche Cesare Lombroso studiava crani e molti di questi sono custoditi presso il Museo di Antropologia Criminale di Torino. Una collezione interessante di preparati, disegni foto, corpi del reato produzioni artistiche di carcerati, matti e briganti. Le polemiche sulla appropriazione legale dei teschi da parte dello studioso apre il sipario sulla questione: Cesare Lombroso, genio, ciarlatano o figlio del proprio tempo? Le teorie sulla fisiognomica, l´atavismo criminale, i “soprusi su soldati e contadini” infilzano il dito nel periodo dell´unificazione d´Italia dando carta bianca ai pregiudizi sui meridionali considerati brutti sporchi e cattivi. A tal proposito il “Comitato tecnico scientifico No Lombroso”, fondato alla fine del 2009 dal meridionalista Domenico Iannantuoni, porta avanti una battaglia etica per la chiusura dello spazio espositivo (e il bando delle teorie lombrosiane da ogni libro di testo), considerato inoltre, da molti altri, troppo macabro per esistere (in verità, nulla che non possa coesistere in un immaginario mediatico già compromesso da decapitazioni e corpi esplosi). Il cranio del brigante Villella dopo una battaglia legale è tornato al paese di Motta S. Lucia creando un precedente giuridico per altri reperti. Per l´antropologa calabrese Maria Teresa Milicia, invece, la scoperta di Lombroso della famigerata fossetta occipitale non è legata ad un´origine geografica e Villella, che lo stesso Lombroso non ha mai conosciuto, era solo un povero ladro. La disputa sui morti che tornano vivi probabilmente lascia ormai indifferenti i corpi del Lombroso e di Virchow: lo scheletro del primo è esposto nel suddetto spazio torinese, quello del secondo fu stroncato da una insufficienza cardiaca, ultima conseguenza di un calvario iniziato con una banalissima caduta da un tram.

@NatashaCeci