Le polizie di tre paesi – Germania, Francia e Italia – hanno messo a fuoco un’altra tappa dell’ultimo viaggio di Anis Amri. Il 24enne tunisino, ritenuto l’autore della strage di Berlino di lunedì 19 dicembre, prima di essere ucciso a Sesto San Giovanni (Milano) è sicuramente passato da Lione. Il ministro degli Interni francesi, Bruno Le Roux, nei giorni scorsi aveva invitato alla prudenza circa il suo passaggio in territorio francese. Lo sguardo delle telecamere della stazione di Part-Dieu invece lo ha incrociato nel primo pomeriggio di giovedì, quindi il giorno prima di arrivare a Milano. Ne dà notizia Bfm-Tv citando una fonte investigativa. Infagottato, con un cappello calato in testa e lo zaino sulle spalle, l’attentatore ha acquistato un biglietto del treno Lione-Milano pagandolo in contanti (cambio previsto Chambery, ai piedi delle alpi francesi, dove però non esistono altre immagini di Amri). Alle 20,30 è a Torino-Porta Susa e intorno all’una di notte arriva alla Stazione Centrale di Milano. Non è ancora chiara solo la prima parte della fuga, quella più rocambolesca, il tratto Berlino-Lione.

Gli inquirenti milanesi intanto stanno aspettando i risultati della perizia degli investigatori tedeschi sulla pistola calibro 22 che il tunisino ha usato a Sesto San Giovanni prima di essere ucciso, ma si tratterebbe solo di una formalità per stabilire che l’arma è proprio la stessa che ha ammazzato il camionista polacco del camion lanciato contro il mercatino di natale a Berlino.

Le indagini sono proseguite su più fronti anche durante le feste natalizie. La Procura di Milano potrebbe chiedere al ministero della Giustizia di Tunisi la documentazione relativa all’arresto del nipote di Amri, che avrebbe contatti con una presunta cellula terroristica attiva in Tunisia. Il ragazzo, interrogato dalla polizia tunisina, avrebbe detto di aver comunicato con lo zio via Telegram. Anis Amri gli avrebbe inviato soldi utilizzando il servizio postale per invitarlo a raggiungere la Germania dove avrebbe potuto militare in una presunta cellula tedesca dell’Isis.

Per la polizia italiana ogni tipo di informazione potrebbe risultare utile per fare luce sugli eventuali contatti italiani del terrorista. Per ora non ci sono prove e quindi resta il punto di domanda sulla questione più delicata: cosa ci faceva in giro da solo alle 3 di notte a Sesto San Giovanni? Aveva un appuntamento con qualcuno o stava solo cercando di scappare da qualche altra parte? La Digos continua a visionare le telecamere di sorveglianze posizionate lungo i diversi percorsi che portano dalla Stazione Centrale a Sesto San Giovanni, mentre le segnalazioni di persone che avrebbero visto (o intravisto) Anis Amri in alcune località del milanese sarebbero del tutto ininfluenti per le indagini.

Alcune risposte su eventuali contatti italiani potrebbero arrivare nei prossimi giorni dal cellulare trovato sul camion e dalla scheda sim trovata nello zaino. Sono i quattro anni trascorsi da Anis Amri nelle carceri italiane a rendere verosimile questa ipotesi, anche se l’epilogo di Sesto fa pensare a un uomo solo e senza protezioni. Gli uomini dell’antiterrorismo hanno preso in considerazione anche l’ipotesi che la tappa italiana dovesse servire per procurarsi un documento falso, visto che in Germania il tunisino era stato fermato la prima volta con un documento italiano. Ma sono solo congetture, anche fantasiose, per ora prive di riscontri oggettivi.

Il corpo di Anis Amri non è stato sepolto nonostante sia già stata effettuata l’autopsia. La ricerca di “nuovi elementi” prosegue.