Le navi da guerra russe lungo la costa siriana aumentano. Ce ne sono almeno 20, più parecchi sottomarini e una portaerei, dicono alla Nato: «Stanno dispiegando tutta la Flotta settentrionale e parte della Flotta baltica». C’è chi dietro ci legge una prossima escalation della guerra siriana, chi una dimostrazione simbolica di potenza militare. Una provocazione più che un’effettiva bocca di fuoco perché non sarebbe conveniente usare la flotta per colpire Aleppo.

È qui che lo scontro si intensifica: dopo aver cacciato le opposizioni dai quartieri occidentali occupati 10 giorni fa, domenica l’esercito governativo ha spostato il campo di battaglia nel quartiere est di Karam al-Turab e l’area di Al-Aziza, a sud est. Alle opposizioni è stato dato un ultimatum tramite sms nei telefoni dei residenti: 24 ore per lasciare Aleppo. Un giorno dopo, ieri, raid aerei hanno colpito i quartieri est.

Sopra Aleppo non volano gli aerei russi, assenti dal 18 ottobre. Colpiscono invece ad Idlib, in mano all’ex al-Nusra, e prepara le navi. È possibile che la Russia stia apparecchiando il tavolo in vista del cambio della guardia alla Casa Bianca: se il presidente eletto Usa Trump abbandonerà davvero le opposizioni su cui Washington ha investito miliardi di dollari, il conflitto potrebbe cambiare faccia. Un eventuale asse Turchia-Usa-Russia farebbe esplodere le contraddizioni che accompagnano da sei anni la crisi.

Chi si muove con più fervore è proprio Ankara che intende sfruttare il favore che Trump gli riserva. Ierii “ribelli” siriani hanno lanciato un’offensiva verso al-Bab. Dal cielo a coprirli sono i raid aerei turchi sulla cittadina considerata via di transito di uomini e armi a favore dello Stato Islamico. In poche ore, riporta la stampa locale, sono stati distrutti due centri militari, un deposito di armi e due quartier generali dall’Isis. Quando vuole, Ankara riesce a centrare gli islamisti: da agosto ad oggi le truppe turche in Siria hanno preso di mira quasi sempre i kurdi di Rojava.

Stavolta però ci si deve avvicinare ad Aleppo e mostrarsi a Trump come alleato affidabile nella lotta all’Isis, magari soppiantando a Raqqa le Forze Democratiche Siriane nel cuore di Washington. Presa al-Bab Ankara potrà reclamare come area sotto la propria influenza tutto il corridoio dal confine occidentale con il proprio territorio fino a Jarabulus, sull’Eufrate, a due passi da Kobane.

A indebolire i piani turchi sono le faide interne alle opposizioni: ieri Ankara ha dovuto chiudere il confine di Oncupinar per violenti scontri tra alcune unità dell’Esercito Libero e altre unità sostenute dai salafiti di Ahrar al-Sham per il controllo della cittadina di Azaz e del valico di frontiera di Bab al-Salam.