Mentre nel Mediterraneo si continua a morire, l’Unione europea continua a prendere tempo su come intervenire per mettere fine all’emergenza migranti. L’ultima tragedia è venuta alla luce ieri dai racconti fatti da alcuni profughi ai volontari di Save the Children che li hanno accolti una volta sbarcati a Catania dalla nave che li aveva tratti in salvo nel Canale di Sicilia. L’incidente è avvenuto proprio durante le operazioni di salvataggio di un gommone a bordo del quale si sarebbero trovati 197 profughi, tra i quali anche cinque cadaveri. «C’è stato un incidente prima dell’intervento dei soccorritori», ha spiegato Giovanna Di Benedetto di Save the Children riferendo le testimonianze dei sopravvissuti. «Ci sarebbe stata un’esplosione o il gommone si è sgonfiato, certo è che ha avuto dei problemi e alcune decine di persone sarebbero cadute in mare. Secondo una prima stima, tutta da verificare, si parla di oltre 40 morti».
In rete è possibile vedere un video girato dall’equipaggio dei mercantile che ha prestato soccorso ai migranti. Le immagini mostrano un gommone bianco molto lungo carico fino all’inverosimile che improvvisamente comincia a sgonfiarsi e per chi si trova a bordo non resta altro da fare che gettarsi in mare.
L’ultima tragedia non fa altro che confermare l’urgenza di un intervento nel mediterraneo che no sia finalizzato al solo controllo delle frontiere marine, come invece sembra intenzionata a fare l’Unione europea. Sono giorni che da Bruxelles arrivano segnali non proprio incoraggianti e nulla fa pensare a un possibile cambiamento di linea. Soprattutto per quanto riguarda il punto più importante, la distribuzione tra i 28 Stati membri dei profughi che sbarcano lungo le coste italiane. La speranza era che qualche governo si facessi avanti offrendo la sua disponibilità volontariamente, ma è durata poco. «Nessuno si è offerto in questa fase», ha smorzato ieri ogni entusiamo Natasha Bertaud, uno dei portavoce della Commissione, che ha rimandato al 13 maggio, giorno in cui i commissario straordinario Avramopoulos presentarà l’agenda Ue sull’immigrazione. Intanto però Frontex, l’agenzia europea che si occupa del controllo delle frontiere, si lava la coscienza annunciando nuovi mezzi per la missione Triton. Lo ha fatto due giorni fa e lo ha ribadito ieri. «Stiamo integrando nuove navi nella nostra operazioni e stiamo lavorando ai dettagli con gli Stati membri che hanno offerto un maggior numero di mezzi per triton. Nuove navi entreranno nell’operazione nelle prossime settimane», ha assicurato il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, ricordando come la missione europea abbia tratto in salvo 1.200 migranti dal 30 aprile a oggi.
Un rafforzamento del dispositivo messo in mare che non basta e soprattutto serve a poco se lo scopo principale di Triton è quello di continuare a pattugliare le 30 miglia marine e no di intervenire in soccorso dei barconi che cercano di attraversare il canale di Sicilia. Come ha sottolineato anche ieri Paolo Gentiloni richiamando per l’ennesima volta l’Europa a quelli che dovrebbero essere i suoi doveri. Dopo il naufragi della notte tra il 18 e il 19 aprile scorsi al largo delle coste libiche, ha detto ieri il ministro degli Esteri, l’Ue «ha prodotto l’esibizione di una volontà politica e qualche parziale risultato. Ma da q a dare una risposta a un’emergenza europea ce ne passa. Non basta qualche decina di navi che recupera le barche e le porta sulle coste di Sicilia e Calabria. non è questa la condizione di una risposta europea».