Scoppia un’altra polemica sull’Associazione nazionale dei partigiani. E scoppia all’indomani del falso caso del presidio comune con Casapound a Latina per il No al referendum, raccontato dalla stampa come un’iniziativa unitaria che invece unitaria non era. Un caso ’cercato’ da Casapound, che aveva volontariamente avvicinato i presidi, e poi montato con malizia. E che per giunta si era incrociato un’altra vicenda sgradevole: le parole in libertà di un associato («Renzi peggio del Duce») subito biasimate dal locale presidente dell’Anpi.
Ma la tensione fra Anpi e fronte del Sì si capisce: avere contro l’associazione dei partigiani fa molto male ai fautori della modifica costituzionale. Che hanno reagito sin dall’inizio della campagna referendaria piazzando una lente di ingrandimento sull’attività dell’associazione. E non per promuovere la meritevole conoscenza della storia della Resistenza italiana.

Ieri è esploso un nuovo petardo. La senatrice dem Laura Puppato, civatiana ’redenta’ e oggi attivista del Sì, ha ’rivelato’ che l’Anpi di Montebelluna (Tv) di cui è stata sindaco, le ha negato il rinnovo della tessera, che lei – giura – ha da anni. Ha provato anche in un’altra sezione ma le è di nuovo stata rifiutata. Motivo: il suo attivismo sul fronte del Sì è contrario alla linea dell’associazione. «Si è perso il senso della misura, il senso dei valori che i partigiani ci hanno tramandato», attacca la senatrice, «nessuno finora, e tantomeno il presidente Smuraglia, è riuscito a dimostrarmi che non andiamo a rafforzare i principi democratici su cui si fonda la Costituzione». Dal Pd parte immediatamente la solidarietà di tutti i colleghi. Quella che, sia detto per inciso, non era scattata domenica scorsa quando alla Leopolda un gruppo di fan del premier avevano gridato ’fuori, fuori’ all’indirizzo di Bersani&Co. Stavolta si grida allo stalinismo, alla deriva estremistica e via scendendo. Di «purghe» parla il veltroniano Walter Verini, che ricorda di essere «figlio di partigiano». «Incredibile, spero in una smentita», dice il capogruppo Pd Luigi Zanda. I senatori Marcucci e Mirabelli si autodenunciano, per così dire: anche loro sono iscritti e chiedono al presidente Carlo Smuraglia di sapere se debbono considerarsi anche loro fuori dall’Anpi.

Smuraglia non si scompone e risponde. Svelando in premessa un retroscena che segnala una qualche malizia nei movimenti di Puppato. Non si è iscritta al suo circolo, ma in un altro, dove per ragioni statutarie comunque non le avrebbero potuto fare la tessera. Racconta Smuraglia: «Il comitato provinciale di Treviso riferisce che la senatrice ha avuto una tessera dell’Anpi, ma da una sezione che non è quella territorialmente competente, violando il regolamento, che lo vieta». E comunque: Puppato, da attivista del Sì, viola «un deliberato del primo Comitato nazionale, che si è riunito il 24 maggio, sui limiti alla dissidenza. In questo deliberato si raccomanda di non manifestare atteggiamenti contrastanti con la linea assunta dal congresso dell’Anpi a favore del no», dunque la senatrice «idealmente si mette fuori». Conclusione: «La dissidenza è consentita, ovviamente, ma un certo senso di appartenenza bisogna averlo», anche se – assicura il presidente – «non saranno prese decisioni disciplinari contro nessuno» anzi «il Comitato provinciale di Treviso chiede alla senatrice di poter discutere con lei sulle modalità di stare nell’associazione. Il mio consiglio è che si incontrino e chiariscano questa vicenda».

La posizione dell’Anpi è severa. Ma se ne possono rintracciare le ragioni. All’inizio della campagna referendaria la ministra Maria Elena Boschi bollò come «partigiani veri» solo quelli che votavano Sì. Fu un boomerang. A cui Renzi stesso dovette mettere una toppa, invitando in un pubblico confronto alla festa dell’Unità di Bologna il presidente Smuraglia (inciso: fu un successo per l’anziano resistente). Di lì l’Anpi non ha mai smesso la sua campagna per il No. E a sua volta il Pd non ha mai smesso di cercare l’incidente.