Ant-man è un Off-Off-Marvel. Per dirla con una definizione del teatro americano che identifica le produzioni che non possono permettersi di aprire su Broadway come Off e Off-Off Brodaway, Ant-man è un Marvel «minore». Ma, come succede con il teatro, la parola minore non è sinonimo di inferiore. Anzi, questi progetti meno ambiziosi, concepiti e attesi con meno aspettativa, e quindi meno pressioni, spesso godono di una libertà creativa e poetica che la «serie A» non può permettersi. Inaugurata l’estate scorsa dal grandissimo successo di Guardiani della galassia, questa vena off, più scanzonata, arricchisce l’intricatissima mappa del cinema made in Marvel (che è poi made in Disney) avvicinandolo sempre di più a quel senso di serialità totale espresso dal rapporto tra cliffhangers e fumetti negli anni Venti/Trenta.
A prescindere dalla qualità dei singoli film, la permeabilità tra uno e l’altro, nelle differenze dei toni e degli stili visivi, sta creando un luogo dell’immaginario ricco di sfumature interessanti.

Apparso per la prima volta in Tales to Astonish del gennaio 1962, Ant-Man, il supereoe con costume da formica che può diventare microscopico, o gigantesco, a comando, si presta naturalmente alla vena più off-beat degli adattamenti Marvel, forte del suo pedigree nella produzione fantascientifico/insettesca della Guerra fredda (in testa a tutti Assalto alla terra, di Gordon Douglas, del 1954, con formiche giganti causa esperimenti nucleari), magistralmente ripresa nel 1993 da Joe Dante, con Matinée e il suo Mant, («mezzo uomo, mezzo formica tutto terrore»), che intrattiene i bambini della Florida sullo sfondo delle crisi dei missili a Cuba. Scelta geniale da parte dello Studio, il regista originale di Ant-man avrebbe infatti dovuto essere l’inglese Edgar Wright, un mago della parodia dei generi (L’alba dei morti dementi, Hott Fuzz, Scott Pilgrim vs the World) che però , in seguito a disaccordi creativi, è stato rimpiazzato da Peyton Reed (Ragazze nel pallone).

Nell’ottica della quasi-parodia rimane sicuramente il casting del film, che affida il ruolo dell’uomo insetto protagonista all’amabile Paul Rudd, più un antieroe che un supereroe, con la sua filmografia di commedie demenzialromantiche di marchio Judd Apatow (Rudd era l’alter ego del regista, in Questi sono i 40), il fisico mingherlino, l’altezza poco imponente e i modi tra il timido e il passive aggressive.

Rudd, nei panni di Scott Lang, inizia il film in prigione, dove viene preso a pugni da un afroamerican tre volte la sua taglia. Per affetto, scopriamo subito dopo: il match di boxe – applauditissimo da un’audience di galeotti neri e ispanici che fanno il tifo per il gigante- è, infatti, un rituale che coincide con il rilascio. Lang ha scontato la sua pena per furto (è uno svaligiatore abilissimo) e vuole mettersi sulla buona strada, convincere la moglie che lo ha piantato per un poliziotto a fargli rivedere la figlioletta, a cui regala un coniglio parlante bruttissimo. Lang è laureato in ingegneria ma, purtroppo, la fedina penale non aiuta e, quando lo licenziano anche da Baskin Robbins, il McDonald delle gelaterie, l’ingegnere ladro accetta di partecipare a un ultimo «colpo grosso». Solo che, nella cassaforte del ricchissimo signore che sta derubando, non troverà il contante che sogna bensì una tutina rosso/nera con la quale, gli spiega lo scienziato Hank Pym (Michael Douglas), potrà salvare il mondo –e, insieme agli altri Avengers, avere una parte in Capitain America: Civil War, in uscita il prossimo anno.

In versione micro o actual size, coadiuvato da uno stuolo di formiche volanti con cui comunica grazie a un elmetto sensoriale, Lang/Ant-man deve impedire che l’invenzione del dr. Pym venga trasformata in un’arma da vendere a peso d’oro al migliore offerente. Secondo una tradizione che dall’abbinamento Richard Matheson/Jack Arnold (Radiazioni BX: distruzione uomo, del 1952) passa per L’esperimento del dottor K (del 1958, con Vincent Price, poi sublimemente ripreso da Cronenberg) arrivando fino ai più recenti Cara, mi sono ristretto i ragazzi, Ant-man trae il massimo vantaggio dalla miniaturizzazione del suo personaggio. Tra le scene più belle quella ambientata intorno al trenino elettrico nella stanza di sua figlia.