Antigone ha venticinque anni di vita. Abbiamo l’onere e l’onore di portare un nome pesante e ne sentiamo pienamente la responsabilità.

Nella tragedia di Antigone il tema che ritorna più spesso è quello del conflitto. Sia nella versione di Sofocle che in quella di Jean Anouilh, tutto si dipana intorno ai conflitti. Il conflitto tra Antigone e Creonte è sia reale che simbolico.

È il conflitto tra il corpo della donna e la legge, tra la condizione femminile e quella di uomo, tra due antropologie.

È anche un conflitto tra due opposte visioni etiche ma allo stesso tempo tra due opposte visioni politiche. È il conflitto tra il governo degli uomini e il governo delle leggi, tra la nonviolenza e la violenza, tra la responsabilità sociale e l’egoismo individuale, tra l’immedesimazione e l’identità.

Il conflitto tra Antigone e Creonte è una somma eterogena di conflitti. Se dovessimo trovare un contenitore più ampio di conflitti che li riassume tutti, con la propria scelta di disobbedire Antigone solleva il grande conflitto tra la dignità umana e il diritto. È questo un conflitto che sta tutto dentro la legge positiva e non deve essere collocato fuori da essa. La dignità umana non è qualcosa che sfugge al diritto essendo ben all’interno del sistema giuridico. Nonostante la sua origine sia non giuridica, la sua finalizzazione è nel diritto svelandone le lacune e le fallacie.

Antigone disobbedisce pubblicamente al potere. Disobbedienza, nonviolenza e dignità umana sono tra loro profondamente irrelati.

Se la tragedia di Antigone evoca tutto questo è evidente quanto sia oneroso il peso del nome.

Significa stare dalla parte dei diritti e delle liberà fondamentali anziché dalla parte dei cultori dell’emergenzialismo.

Significa sapere che bisogna difendersi dal diritto ma che nel diritto si può trovare la propria difesa.

Significa optare per il dubbio contro le altrui certezze granitiche. Significa avere coscienza che il sistema penale deve essere garanzia – come ci ha insegnato Luigi Ferrajoli – contro la violenza delle pene e dei delitti.

Significa avere coscienza che invece esso diviene spesso strumento di giustizia (o ingiustizia) selettivo e di classe (e qui un ricordo va al nostro caro amico compianto Massimo Pavarini).

Significa contrastare ogni deriva giustizialista e restituire dignità al garantismo.

Significa contrastare le tendenze alla penalizzazione degli stili di vita e ad assimilare il criminale al nemico.

Significa decarcerizzare il più possibile e lottare contro ogni forma di tortura, trattamento inumano o degradante. Significa ritenere che la cultura del rispetto non trova fondamento nel paradigma della proibizione.

Significa occuparsi delle persone fragili rispetto all’istituzione forte.

[do action=”citazione”]Antigone prima di essere un’associazione era una rivista veicolata dal quotidiano il manifesto. Siamo orgogliosi di questo antico legame.[/do]

Un legame che non abbiamo mai fatto venire meno, anche nell’era dei social media e dell’informazione digitale.

Insieme al manifesto, compagno di viaggio in questo lungo scorcio di esistenza, abbiamo fatto denunce, raccontato storie, provato a rompere il circolo vizioso dell’informazione stereotipata.

Fu il manifesto che all’indomani della mattanza di Genova ci dette spazio per raccontare i Gom a Bolzaneto. È stato il manifesto a ospitare un editoriale di Stefano Anastasia che tra il sorpreso e l’indignato raccontava di quando ai tempi del ministro della giustizia Castelli (ebbene sì è capitato anche questo in Italia così come Borghezio sottosegretario con delega alle carceri) fummo dichiarati pericolosi al pari degli anarco-insurrezionalisti.

È stato il manifesto a condurre insieme a noi una campagna per consentire ai giornalisti di entrare nelle carceri senza restrizioni.

Nelle scorse settimane il nostro Mauro Palma è stato nominato Garante nazionale delle persone private della libertà. Era il 1997 quando a Padova per la prima volta Antigone lanciò il tema pubblico di un organismo di garanzia diverso dalla giurisdizione a cui affidare i diritti di detenuti e delle persone a qualunque titolo ristrette.

Antigone e il manifesto hanno ancora molta strada insieme da fare e molte battaglie da portare avanti.

Una per tutte: l’introduzione del delitto di tortura nel codice penale.

* Patrizio Gonnella è il presidente di Antigone