«Il sistema è tutto schierato per il No», ha dichiarato tre giorni fa Renzi. All’indomani della vittoria di Trump il premier italiano ha dovuto studiare velocemente la lezione americana. Visti i tempi stretti anziché provare diligentemente a far tesoro della sconfitta dei democratici, ha deciso che è più utile ispirarsi alla vittoria del populista (oggi) più potente del mondo. Così ha abbandonato la stucchevole retorica del merito della riforma e preso a dire che, altro che Grillo Di Maio Di Battista, è lui il vero interprete nostrano dell’«antiestablishment». Da «il sistema è tutto schierato con il No», deriva dunque che sono antisistema Confindustria, siista convinta, e De Benedetti, Alfano, Casini, fino a Goldman Sachs (tralasciamo l’ormai innominabile Jp Morgan) e via proseguendo in un esercito di insospettabili picconatori.

Sarà. Ma adesso chi glielo dice al ministro Franceschini? Che prima dell’estate, imbracciando con consueta lungimiranza la causa della modifica dell’Italicum, si era fatto applaudire dal Pd spiegando dottamente che «oggi lo schema è populisti da una parte, sistemici dall’altra», e concludendo che la futura alleanza, non più il centrosinistra ma «l’unione dei sistemici per difendersi dai populismi», era «non una transizione ma una prospettiva anche di governo».