A Roma, in Corso Vittorio Emanuele, c’è una iscrizione al n. 251: «In questo edificio abitò dal 1892 fino alla morte, Antonio Labriola (1843-1904), maestro di libertà e di socialismo, interprete originale del marxismo, innovatore nel pensiero e nell’azione, docente di filosofia in lunghi anni di insegnamento e di dialogo con accademici e studenti». Questa targa venne scritta nel 2004 da Stefano Miccolis, considerato uno dei maggiori studiosi del filosofo cassinese, in occasione del centenario dalla morte. Ma solo tre anni dopo a seguito di un convegno all’Università di Cassino, fu istituito dal Ministero dei beni culturali un comitato di studiosi a cui fu dato l’incarico di progettare l’Edizione Nazionale delle Opere di Antonio Labriola.
Il suo epistolario (un’opera monumentale, cinque volumi curati editi da Bibliopolis) evidenzia contatti con molti dei più importanti intellettuali d’Europa. E nella cultura italiana diversi sono stati i suoi discepoli. «Suo discepolo è certamente Benedetto Croce, ma anche Giovanni Gentile, il cui scritto sulla Filosofia della praxis e gli scritti sul marxismo, non sono nemmeno pensabili senza il magistero di Labriola», scrive Luigi Punzo, organizzatore e curatore del primo volume delle opere.
Fino ad ora sono stati pubblicati un volume intitolato Da un secolo all’altro, che contiene gli scritti filosofici dell’ultimo periodo 1897-1903, tra i quali le lezioni inedite sull’«imperialismo»; entro l’anno uscirà il secondo volume con gli scritti giovanili su Zeller e Spinoza. Ma l’edizione (sempre con Bibliopolis) conta già i cinque tomi del carteggio e i due «quaderni», il primo dei quali contiene il regesto dei manoscritti di Labriola che sono conservati all’Istituto di Storia Patria di Napoli, che saranno pubblicati parzialmente nel 12° e 13° volume. Gli inediti relativi ai corsi universitari di Labriola sono significativi per ricostruire l’itinerario teoretico del filosofo, «perché Labriola più che essere uno scrittore prolifico era un parlatore prolifico e molto legato al suo impegno universitario, e i corsi sono una miniera di idee per tanti stralci di interessi, come quelli sulla Rivoluzione francese o su Vico, non testimoniati in maniera così pervasiva negli scritti noti, ma di grande rilievo invece nei corsi». Ci sono in cantiere almeno altri cinque volumi che sarebbero stati messi in opera già quest’anno, ma si è fermato tutto perché non ci sono più risorse da quattro anni. Non solo quella di Labriola ma tutte le edizioni nazionali sono bloccate.
Eppure basterebbero dieci, dodici mila euro all’anno per esaurire l’impresa in breve tempo. «Questa – afferma Punzo – non è una ricerca di accademici filologicamente interessati ad un autore. Si tratta del recupero delle nostre radici, del nostro passato, della nostra storia, essenziali in un’epoca come la attuale in cui tutto sembra vacillare. Un punto di riferimento, tra l’altro di alto profilo, che ricostruisce il tessuto vivo di quel percorso della nascita e costruzione dello stato unitario italiano, il percorso della storia d’Italia, non a caso Labriola era allievo degli Spaventa, il filosofo e il politico! Alcuni scritti di Labriola per esempio sulla destra storica e sulla difficoltà di fondare uno stato unitario laico con delle radici, sono tuttora validi per capire la storia attuale».
L’edizione delle opere di Labriola dovrebbe essere di premessa e di supporto a quella proposta sugli scritti di Antonio Gramsci. Labriola è uno degli autori da Gramsci ampiamente accettato o criticato.Labriola ha infatti il merito di avere introdotto Marx in Italia. Nel «revisionismo» che ha caratterizzato l’epoca del post marxismo della prima internazionale, egli assume un significato specifico perché i suoi scritti sono un invito a ritornare «all’autentico Marx» con intuizioni e anticipazioni spesso illuminanti, anche se va ricordato che allora Labriola non conosceva alcuni scritti del filosofo tedesco. I suoi riferimenti, infatti, sono per molto tempo solo «Per la Critica all’economia politica» del 1859 e al «Capitale». È in questo contesto che va inserito il rapporto tra Labriola e Gramsci. Se Labriola invita a tornare all’«autentico Marx», Gramsci intraprende invece una riflessione originale sul marxismo a partire proprio dagli scritti di Labriola. L’influenza del filosofo catanese sull’autore dei «Quaderni dal carcere» è evidenziata dall’uso dell’espressione «filosofia della praxis», mutuata proprio da Labriola.
Infine è bene ricordare che Labriola oltre che filosofo è stato anche un pedagogo (è stato il fondatore del Museo di pedagogia). Un’attenzione che ha un riflesso anche sulla sua concenzione dell’insegnamento. Nella prolusione all’anno accademico dell’Università di Roma, nel 1896 – uno dei discorsi «più elevati che si sieno mai sentiti nelle aule delle Università italiane», lo definì Croce – invitò a considerare l’insegnameno come un missione: «Noi siamo qui per rendere un servigio a voi (…). Voi, con l’applicazione pratica ed efficace delle conoscenze acquistate qui dentro, fate poi rendere agli altri i frutti di ciò che l’opera nostra, spesa in pro’ vostro, costa, sotto tanti aspetti, alla società tutta intera».