La sede per lanciare il loro appello al Pd, i giornalisti e i poligrafici de L’Unità non l’hanno scelta a caso. Nella sala stampa di Montecitorio, di deputati dem se ne vedono molti, ma non tutti si fermano più di qualche minuto. Eppure è a loro che i componenti del Cdr, Bianca Di Giovanni e Umberto Di Giovannangeli, si rivolgono principalmente: la liquidazione del quotidiano, fondato 90 anni fa da Antonio Gramsci e che dal primo agosto ha sospeso le pubblicazioni, «è una questione politica».

«L’Unità – scandiscono chiaramente – non ha solo un mercato ma anche una comunità di lettori. E di elettori». Per questo, oltre alle garanzie economiche e finanziarie per rilevare la testata che il collegio di liquidatori attende nel giro di poche ore (il termine ultimo scade domenica 30 novembre) dalla cordata formata dal gruppo Veneziani e dalla fondazione del Pd (Eyu, acronimo che sta per Europa, Youdem e L’Unità), i lavoratori del quotidiano chiedono anche «garanzie editoriali e di lavoro».

Dopo «tante rassicurazioni e nessun atto, da parte del nuovo gruppo dirigente del Pd», al partito di riferimento il Cdr questa volta chiede «esplicitamente e formalmente un addendum all’offerta: un impegno scritto a considerare la redazione de L’Unità il bacino preferenziale e privilegiato di lavoratori da cui attingere per il progetto del nuovo giornale». Non una mera richiesta sindacale, ma politica. Perché senza l’attuale redazione – compresi i giornalisti invisi ai renziani – non si può assicurare continuità editoriale e politica con la lunga storia di uno dei quotidiani simbolo della sinistra italiana.

Dopo le intenzioni di acquisto dell’editore di maggioranza della vecchia società editrice Nie, Matteo Fago, e del banchiere Matteo Arpe – mai formalizzate o naufragate nei veti incrociati della politica dem – l’unica proposta attendibile ormai rimasta all’esame dei liquidatori è quella di Guido Veneziani, editore di testate come Stop, Vero, Vero tv, Miracoli, oltre che del catalogo Ikea, che avrebbe offerto 10 milioni di euro e nemmeno tutti sull’unghia. Troppo pochi per pagare tutti i creditori privilegiati del quotidiano in liquidazione. E pure virtuali perché, come spiega Giampaolo Gozzi, vicedirettore dell’Fnsi, «l’offerta del gruppo Veneziani, benedetta dal Pd, non è d’acquisto bensì di affitto della testata con un impegno nel lungo periodo a riscattarla».Ecco perché i liquidatori hanno chiesto all’editore di Stop di accompagnare la proposta con una fidejussione bancaria che garantisca l’acquisto della testata.

In ogni caso, senza un’offerta più consistente, ai 60 giornalisti e ai 20 poligrafici (questi ultimi senza salario da aprile, essendo il decreto per la cassa integrazione ancora fermo al palo) «si chiede – spiega Di Giovanni – l’impossibile sacrificio di rinunciare a una parte dei crediti, in cambio di nulla». Il Cdr preme per aprire subito un tavolo con la Fieg, come avvenne nel 2000 quando, ricorda ancora Gozzi, il ritorno in edicola de L’Unità fu «davvero governato, con un serio confronto sindacale e un vero piano editoriale».

Per Paolo Butturini, segretario di Stampa romana, si tratta di «una piccola storia ignobile di mandanti e di killer su cui prima o poi bisognerà indagare». «Tenere la barra dritta sui lavoratori – dice – non è assistenzialismo. Il Pd dica qual è la sua proposta politico-editoriale perché le due questioni non sono slegate: solo l’attuale redazione ha il know how per garantire il link tra passato presente e futuro necessario per rimettere in piedi la testata, senza snaturarla». D’altra parte la fondazione dem Eyu, che ha già rilevato la testata on line Europa, non ha ancora costituito con l’editore Veneziani una «newco che eviterebbe – secondo Butturini – di lasciare molti giornalisti per strada».

Nella sala di Montecitorio passano Roberto Speranza (capogruppo), e Gianni Cuperlo, arrivano i saluti di Debora Serracchiani, del tesoriere Francesco Bonifazi e del braccio destro di Renzi, Lorenzo Guerini. Poi il messaggio di solidarietà della presidente Laura Boldrini che si augura «in tempi rapidi un’offerta capace di far ripartire con nuovo impulso il giornale e di ridare lavoro a coloro che in questi anni ne hanno fatto la storia». Dal Senato arriva Vincenzo Vita mentre il presidente della commissione Lavoro Cesare Damiano assicura il proprio impegno per velocizzare la firma del decreto Cigs.

Stefano Fassina prende la parola: concorda con le priorità indicate dal Cdr e si augura che qualcuno della segreteria nazionale intervenga. Qualcuno in sala c’è: è Alessia Rotta, membro della commissione Lavoro. «Il valore de L’Unità – dice – è di tutto il Pd». È il momento di dimostrarlo.