Spinto da una suggestiva impressione di Antonio Baldini lettore di Ludovico Ariosto, Leonardo Sciascia ragiona sulla forma sonetto in Giuseppe Gioachino Belli nella nota introduttiva a una scelta di trentacinque componimenti ne Il fiore della poesia romanesca, (Belli, Pascarella, Trilussa, Dell’Arco) che, con una premessa di Pier Paolo Pasolini, Sciascia licenzia nel 1952. Baldini aveva così raffigurato la forma dell’ottava: «un palazzo con tutte le sue logge, archi, colonne, saloni, arazzi». Nella trasposizione in immagine d’una tale architettura gli otto versi e le rime che si elevano a costituirla figurano uno spazio percorribile. Fingono comodi transiti e paiono disporre a un’agevole accoglienza: addirittura, avverte Baldini, «il padron di casa in cima alle scale entra comodamente in un’ottava, per modo che quell’ottava poi ti torna sempre in mente come essa stessa tutta porticata e rimbombante».

Un palazzo l’ottava che, compiuta con ‘il padron di casa’ la visita, ti diviene in ogni sua parte noto, resta impresso nella memoria, e al quale volentieri, ogni volta, torni con un senso di cordialità amicale. Ospitalità dell’ottava. Si offre coi suoi conforti, con i suoi lussi, perfino. Sontuosa ottava che induce il lettore al rispetto di un galateo forbito, lo invita a un possesso pieno delle sue ariose stanze, delle verande, degli ampi e luminosi affacci. Una clausola metrica e ritmica che, da musicale, si accampa spaziale. E Sciascia, con perspicacia, consentendo alla figurazione di Baldini che fa del suono e delle ben costrutte parole un’amabile dimora, aggiunge: «l’ottava viene quindi a chiudere quella che è nel cinema una ‘carrellata’, o una panoramica in stupenda dissoluzione e successione di piani: ma esclude ogni possibilità di dialogo; è, insomma, in ogni senso, cinematografica». S’aprirebbe d’attorno a noi, con l’ottava, una visuale spaziosa, grata all’occhio, ma non inclinata o predisposta all’interlocuzione, alla conversazione. Ordito cinematografico dell’ottava che ti fissa in un ruolo di silenzioso spettatore. Alla conversazione, al colloquio, si disporrebbe invece la forma sonetto quale è elaborata da Belli.

Argomenta Sciascia: «compiuto come un’ottava, ma in senso teatrale, è il sonetto di Belli: nei quattordici versi s’incide con metallica precisione tutto un dramma, una scenetta, un mimo; e il sonetto ci risuona nella memoria non, come l’ottava, per suggestione di echi spaziali, ma per il serrato tempo di un dialogo». Sono d’accordo.

Non è forse il sonetto di Belli la voce di qualcuno accanto a noi, qualcuno che ci rivolge la parola? O perché risponde a una domanda che noi gli abbiam posto. O perché interloquisce con una nostra affermazione. O perché ci racconta d’un caso che gli sia successo e si confida. Gli esordi dei sonetti di Belli! È al nostro ascolto che il sonetto si volge. E, pronti come siamo e attenti a che nulla di quanto ci vien detto ci sfugga, il sonetto attende una nostra obiezione o un cenno d’assenso. O una precisazione ulteriore quale che sia. Accanto al sonetto sulla scena ci siamo noi. Insomma, il sonetto di Belli ci convoca in un ruolo di attori al quale non possiamo, interpellati e coinvolti, sottrarci. Ascoltiamo ogni diversa voce, tra le numerose che si accavallano nel corso della giornata. Sono quelle che in forma di sonetto Belli pronuncia rivolgendosi a noi. Ecco perché il sonetto di Belli è al tempo presente. È viva voce articolata al nostro cospetto. Potremmo dire che ne siamo, interlocutori interpellati o provocati, parte attiva, non solo recettiva: il sonetto attende un nostro cenno. Quanto dice infatti, per qualche verso, ci riguarda. In ogni caso, di quel giudizio, di quel fatto è bene metterci a parte. La vocazione teatrale sta quale resa immediata del correr della vita, presa da Belli come parola giorno per giorno detta, quotidiana conversazione, scambio e formulazione verbale. Altre volte queste note hanno preso in considerazione singole opere commentandole con il proposito di mostrare come da una stretta specificità e individualità irripetibili si irradino congiunzioni e rimandi, affinità e analogie. Ottava cinematografica di Ariosto, sonetto teatrale di Belli.