«Se fossi stato in Direzione Pd? Mi sarei aggiunto come ventunesimo contrario alla proposta Renzi. E non ho capito chi non ha esplicitato la sua posizione: come fai ad astenerti su questioni così importanti?». Sergio Cofferati, europarlamentare Pd ed ex segretario Cgil, commenta così lo scontro nel suo partito sull’articolo 18. E alla minoranza Pd dice: «Ora si concentri sui suoi emendamenti, il cammino del Jobs Act sarà lungo e molto contrastato. Si deve procedere con una battaglia trasparente, capitolo per capitolo, compreso l’articolo 18».

Cammino lungo e contrastato? Quindi Renzi non li ha «spianati tutti», come avrebbe detto uscendo dalla Direzione? È troppo presto perché canti vittoria?

Il contrasto non è solo sull’articolo 18, nonostante Renzi ne abbia fatto una cartina di tornasole. Su quello, come su altri punti controversi o sbagliati come il demansionamento o la videosorveglianza, la minoranza può ottenere buoni risultati grazie agli emendamenti. E c’è sempre la possibilità di maggioranze a geometria variabile. Ancora: la proposta del Tfr in busta paga, che peraltro a me piace, non vede d’accordo le imprese. I sindacati potrebbero essere insoddisfatti dalla nuova concertazione in “sala verde” riaperta dal premier. Insomma, ci sono tanti nodi irrisolti. Inoltre vorrei sapere cosa si prevede sulla questione ammortizzatori, e sul disboscamento dei contratti precari. Dobbiamo vedere i testi.

Ma se Renzi pone la fiducia?

Io non credo che lo farà, ma non voglio correre avanti. Se discutiamo di “fiducia sì”-“fiducia no”, cadiamo nella trappola messa in piedi per disarmare i contrari.

Il premier è convinto di avere gli italiani dalla sua parte: «Appoggiano me, e non il sindacato».

Il problema non è “il popolo italiano è con me o contro di me”, è che siamo di fronte a una modifica delle regole che toglie diritti, a cominciare dalla dignità nel lavoro. Se la maggioranza dei nostri concittadini guardasse questo fenomeno con distrazione, o addirittura condividesse una pratica di riduzione delle tutele, io ne sarei molto preoccupato.

Eppure molti dicono che oggi sarebbe impossibile ripetere i 3 milioni in piazza del 2002. E la Cgil appare più isolata.

La Cgil si mobilitò da sola anche 12 anni fa, e un mese dopo seguì lo sciopero generale unitario. È vero che nel 2002 chi manifestava, univa il no all’abolizione dell’articolo 18 alla contrarietà al governo Berlusconi. Mentre oggi si dovrà conciliare il no alla decisione di Renzi con l’appartenenza al popolo del centrosinistra. Proprio per questo non applicherei gli stessi criteri di calcolo: chi protesta questa volta vale per 5 o 6.

Contrasto che lacera la sinistra.

Il lavoro ha un valore sociale e penso che debba avere qualità – apprendimento e conoscenza – ma anche diritti individuali e collettivi. Una forza progressista come il Pd non può rimuovere questi riferimenti. Se il paradigma è “un lavoro purché sia”, io non sono d’accordo.

Il cambio di posizione di Renzi allora come è arrivato? Forse i dati negativi dell’economia, i “rimproveri” di Katainen e Draghi?

Il premier non ha spiegato come mai fino a un mese fa abbia sostenuto posizioni del tutto opposte sull’articolo 18. Che poi è legittimo cambiare opinione, ma devi dire perché lo fai: altrimenti alimenti sospetti.

Uno scalpo offerto alla Ue? Per dirla con Susanna Camusso.

Qualsiasi sia la ragione, è una scelta sbagliata e da contrastare. Accompagnata da affermazioni molto gravi, mai fatte in precedenza: «Gli imprenditori devono essere liberi di licenziare quando vogliono». E poi le accuse prive di qualsiasi fondamento al sindacato. Che ci sia un mercato del lavoro duale è del tutto evidente, ma se qualcuno non ha diritti, il punto è aggiungere, non togliere.

Il reintegro è fondamentale?

In alcune situazioni sì. E non si può dire che siccome i casi sono pochi, allora non vale niente. Al contrario: i casi sono pochi perché funziona il valore deterrente della norma. E poi è previsto in molti ordinamenti europei, compreso in Germania.

Renzi però offre di coprire anche il disciplinare, per mediare.

Ma che mediazione è? Il reintegro per discriminazione è previsto dalla Costituzione, e il disciplinare è regolato dai contratti. Non c’entra l’articolo 18. Il problema è tutelare chi viene licenziato ingiustamente.

Allora, come dice Renzi, perché non è mai stato valido per tutti?

Va benissimo: allora lasci l’articolo 18 così com’è, e lo estenda a tutti. Compresi i partiti e i sindacati, le associazioni. Anche i boy scout. Il dualismo sui diritti non si risolve togliendoli a tutti, ma dandoli a tutti. Se Renzi vuole unificare tutele e protezioni, cominci dalla proposta di legge depositata dalla Cgil nel 2002, firmata da 5,5 milioni di cittadini.

Si è riaperta la querelle sulla parola «padrone». Usarla o no?

E allora «operaio»? È assurdo avere visioni manichee: imprenditori tutti buoni o tutti cattivi. E anzi proprio perché la realtà è varia, servono le tutele. Sono termini di un lessico antico, è vero, ma hanno ancora efficacia, non li trovo offensivi. Mi sorprende la disputa, la trovo bislacca.