Bashar al-Assad dice sì al dialogo con le opposizioni. Dopo la proposta russa di un nuovo tavolo di negoziato informale da aprire a Mosca dopo il 20 gennaio per cancellare i fallimenti di Ginevra, il presidente siriano apre ai ribelli moderati. Una scelta non nuova: Damasco ha più volte ribadito l’intenzione di cercare una transizione politica alla crisi che da quattro anni stritola la Siria e che si è lasciata dietro oltre 200mila morti.

«La Siria è pronta a partecipare ad un incontro preliminare e consultivo a Mosca in risposta alle aspirazioni dei siriani che vogliono trovare una soluzione alla crisi», ha detto ieri il portavoce del Ministero degli Esteri. Come già avvenuto in passato, c’è da attendersi il no delle opposizioni moderate, riunite sotto l’ombrello politico della Coalizione Nazionale Siriana e quello militare dell’Esercito Libero che pongono come precondizione l’assenza di Assad dal tavolo del negoziato.

Una visione che appare cieca ogni giorno di più: sul campo di battaglia l’Esercito Libero è schiacciato dalla supremazia militare dei gruppi islamisti e il consenso popolare alle opposizioni moderate in esilio è ai minimi storici. Ad avanzare è l’Isis, tanto forte da permettersi di rompere anche con il Fronte al-Nusra, braccio di Al Qaeda in Siria che, dopo aver abbandonato il movimento, si è legato con un’alleanza militare allo Stato Islamico. E oggi rischia di finirne calpestato.

Secondo fonti locali, al confine tra Siria e Libano, nella regione di Qalamoun, la tregua-alleanza tra i due gruppi starebbe per saltare. L’Isis, con salari da 400 dollari ad ogni miliziano, attira combattenti strappandoli ad al-Nusra . Al-Baghdadi vuole trasformare il gruppo qaedista in una sua unità, al-Nusra tenta di resistere e di mantenere il controllo delle aree occupate. Punto di rottura il no di Abu Malik al-Talli, emiro di al-Nusra a Qalamoun, al giuramento di fedeltà che il califfo ha espressamente richiesto.

In un simile contesto – l’avanzata repentina e feroce dello Stato Islamico – cieca sembra essere anche la visione delle potenze occidentali che da anni riconoscono alla Coalizione Nazionale supporto incondizionato, Stati uniti in testa, nonostante la stessa Cia l’abbia più volte definita un fardello, invece che un’opportunità.

Qualcosa però sembra muoversi a Bruxelles: secondo il quotidiano libanese Al-Akhbar, l’11 dicembre alcuni funzionari europei avrebbero chiesto all’ultimo Consiglio dei Ministeri degli Esteri degli Stati membri un cambiamento netto di strategia in Siria, con il sostegno dell’inviato speciale Onu Staffan de Mistura (che ha domandato alla Ue sostegno al piano di cessate il fuoco locali tra opposizioni e esercito governativo).

Il cambio di strategia, secondo le fonti di Al-Akhbar, si tradurrebbe nel maggiore e diverso coinvolgimento dei paesi mediorientali. Nel meeting più di un paese avrebbe mostrato fastidio per il ruolo turco di sostegno indiretto all’Isis, suggerendo di incrementare le pressioni su Ankara. Allo stesso tempo Bruxelles punterebbe sul ruolo centrale dell’Iran del presidente Rowhani (il solo in grado di ottenere concessioni da parte di Damasco) e sull’Arabia Saudita, il regime che intesse i legami più forti con le opposizioni islamiste sunnite.

Il tutto volto a implementare il piano di de Mistura, cessate il fuoco locali tra gruppi armati e esercito governativo come già avvenuto ad Aleppo, che nella pratica significherebbe il riconoscimento del governo di Damasco e del presidente Assad come partner nella transizione politica siriana.

E mentre il mondo discute della sorte del governo alawita, al di là del confine l’Iraq è ancora preda dello Stato Islamico. Dove non arriva con le occupazioni delle comunità irachene, l’Isis colpisce con gli attentati: ieri il gruppo ha rivendicato l’attacco suicida a Madain, distretto a sud di Baghdad, nel quale hanno perso la vita 38 persone. Target – come nel caso delle tribù di Anbar – sono stati i combattenti sunniti del gruppo Sawha (nato durante l’occupazione statunitense del paese) che si oppongono all’avanzata del califfato: un kamikaze si è fatto esplodere vicino ad una base militare, dove i combattenti erano riuniti per ricevere i salari, pagati da Baghdad per rafforzare i legami con la comunità sunnita, marginalizzata dal governo sciita.

Per un suicida che si fa esplodere un altro si arrende: un bambino di soli 14 anni, reclutato dall’Isis in Siria. Barbo doveva farsi saltare in aria in Iraq, ma si è consegnato alle autorità.