Atlantide, El Dorado, Mompracem, l’Eden, l’Isola del Tesoro, Narnia, Oz… I luoghi immaginari, avvolti dalla leggenda o dal dubbio eterno della loro reale esistenza, sono formidabili acceleratori della nostra fantasia; evocano geografie e mappe impossibili da disegnare, compongono paesaggi sempre troppo poveri se costruiti con gli elementi di cui possediamo conoscenza. Ma l’attrazione verso i luoghi immaginari non nasce soltanto dalle pagine dei libri, dallo scorrere della pellicola sul grande schermo, dai racconti tramandati di generazione in generazione. È qualcosa che ci portiamo dentro, che aspetta un piccolo segnale per emergere, per condurci con la mente, o tramite un viaggio reale e utopico insieme, verso terre introvabili eppure meravigliose. Scrivere in prima persona, salvo rare eccezioni, non è buona regola giornalistica. Lo faccio qui, solo poche righe giustificate dal tema che queste pagine propongono. Da bambino disegnavo un’isola sempre uguale: la spiaggia, il mare, una capanna sormontata da un tetto in paglia, tre palme accanto a fare ombra, una bassa montagna sullo sfondo. Non aveva nome, non sapevo dove fosse. Credo di non essermi mai posto il problema. Nessuna delle isole cui sarei approdato a lunga distanza di tempo mi avrebbe restituito lo stesso incanto della mia infantile Isola che non c’è. I viaggi immaginari rimangono tali anche se la carta geografica afferma senza alcun dubbio che i segni lasciati da noi sulla sua superficie si riferiscono a una città, a un fiume, a una valle testimoniati negli atlanti. Vi chiedo: non è la fantasia, prima di ogni partenza, a prevalere sulla realtà, quando Salvador de Bahia o Sumatra, i fiordi o e le foreste, sono ancora e appena indicazioni, nomi astratti? Non vi è successo almeno una volta, all’arrivo, di provare delusione amara, dovendo ammettere che l’idea del luogo costruita dentro di voi altro non era se non un’idea? Dall’intreccio, viene da dire dall’equivoco, tra vero e falso, si è sviluppata nei secoli una topografia ‘parallela’ a quella ufficiale, le cui mappe hanno preso ad ampliarsi man mano che le scoperte di mondi sconosciuti andavano allargando gli orizzonti. Le alimentavano i resoconti delle spedizioni di conquista, le cronache dei mercanti, i diari degli esploratori, non ultime le fiabe nere dei popoli di terre lontane. Creature mostruose, umani non umani, tesori incalcolabili, città d’oro e di diamanti, città scomparse nel nulla e nel mistero hanno così acquistato una loro verità in grado di mettere in crisi il più ragionevole dei dubbi, di negare la più evidente delle evidenze; hanno aperto discussioni destinate a non conoscere fine, generato decine e decine di imprese folli culminate in tragedia, esaltato il fascino dell’Hic sunt leones romano, indicazione cartografica di ciò che era temibile o impossibile da conoscere. Non serve ricordare quanto, e per quante ragioni, la letteratura abbia attinto dalla topografia del fantastico o l’abbia arricchita di proprie invenzioni. Altrettanto inutile citare titoli, gli esempi sarebbero comunque colpevoli di omissione. Sarà invece curioso soffermarsi su un moderno cantiere editoriale che negli ultimi trent’anni sta conoscendo buona fortuna. Quella degli atlanti della geografia immaginaria. L’intreccio tra vero e falso viene proposto in forma di saggio, narrazione, ricostruzione storica, antologia. L’intreccio tra vero e falso è la costante che ha spinto molti degli autori a scrivere partendo da esperienze, motivazioni, riflessioni personali. Premette Giuseppe Lupo al suo Atlante immaginario (Marsilio Editore) «Quasi sempre pensiamo agli atlanti come a cataloghi stampati per riprodurre in scala luoghi concreti: li apriamo con la stessa cautela con cui spalanchiamo le ante di un balcone, riconosciamo i segni che diventano un concentrato di simboli che richiama alla mente un bosco… Dimentichiamo che non sono soltanto repertori geografici utili a dichiarare com’è il mondo, ma anche a immaginarlo, vero o presunto che sia, a sognare orizzonti o percepire un altrove che avrei voluto (o vorrei ancora) conoscere». Alcuni scrittori si sono spinti oltre il mito, estendendo l’intreccio tra vero e falso alle dimensioni delle metropoli, riconoscendo alle macerie delle città fantasma la dignità di leggende, depositando sotto la superficie delle onde microcosmi popolati di creature terrificanti, come ha fatto Antonio Baldi in Magie di Mare (Squilibri Edizioni) «Rappresentazioni fantasiose e prodigiose che ieri alimentavano orizzonti tradizionalmente magico – religiosi, popolati da paradisi folklorici insieme ai quali erano messe all’opera schiere di santi a braccetto con demoni, che ‘pescavano’ dalle profondità del mare e dell’anima mostri marini variamente fantastici… ». Vendono copie gli atlanti che indagano sulle regioni non tangibili del pianeta. Vendono perché la scritta Hic sunt leones non ha più motivo di esistere, e tutto, compresi i più impercettibili pulviscoli di terraferma, è stato catalogato. Vendono perché la familiarità con l’altrove, vissuta in prima persona o nel rettangolo di un televisore, ha tolto luce al miraggio dell’ignoto, ha spento la forza delle illusioni. Seppellendo per sempre la speranza dell’isola che non c’è. Ma un giorno, forse, qualcuno l’avrebbe trovata.

BIBLIOGRAFIA CRITICA

Alcuni titoli di questa bibliografia rianimeranno in voi lo spirito del lettore – esploratore, poiché sono stati pubblicati diverso tempo fa e si possono rintracciare solo in internet, nelle buone librerie dell’usato, sulle bancarelle. Eccone subito uno, Dizionario dei luoghi letterari immaginari, a cura di Anna Ferrari, Utet, 2007. Le seicentocinquanta pagine partono dall’assunto che se la letteratura è immaginazione per eccellenza, molti autori inventano di conseguenza i luoghi in cui ambientano le vicende narrate. Ferrari compie un vero e proprio censimento di regni e contrade ‘esistiti’ nel passato, nel futuro, nell’aldilà, con tanto di fiumi, monti, città, isole, mari. Per ogni toponimo viene indicato il titolo cui si riferisce e, quando ciò è possibile, una spiegazione sulla sua origine. Un quarto di secolo fa usciva La valle della Luna, sottotitolo Avventura, esotismo, orientalismo nell’opera di Emilio Salgari, a cura di Emy Beseghi, La Nuova Italia. Formidabile alchimista di geografie studiate sui volumi della Biblioteca Nazionale di Torino e trasformate a fil di penna, Emilio seppe infondere nei lettori, più di ogni altro scrittore suo contemporaneo, il fascino per i mondi ai confini del mondo. Il lungo e godibilissimo saggio a più mani delinea con estrema cura l’ambiente e il contesto in cui Salgari scrisse i suoi romanzi, l’uso dei termini e lo stile del linguaggio; la capacità inimitabile, nel descrivere una foresta, un villaggio, Mompracem, le rive del Gange, rendendo credibile ciò che mai aveva e avrebbe potuto vedere in vita sua. Umberto Eco, nel 2013, consegnò alle stampe per la Bompiani Storia delle terre e dei luoghi leggendari. Non spaventino le quasi cinquecento pagine del trattato umbertino. Eco sostiene e argomenta che queste terre e questi luoghi sono accomunati dalla caratteristica di essere stati creatori di flussi di credenze, divenendo perciò ‘illusioni reali’. Il libro si addentra in un percorso che inizia dalle teorie sulla forma della terra, e di secolo in secolo, di continente in continente, di civiltà in civiltà, analizza miti, superstizioni, mondi intangibili, rituali, paesi della Cuccagna e castelli degli Assassini. Non poteva mancare un capitolo dedicato ai luoghi romanzeschi. All’Atlante immaginario di Giuseppe Lupo (Marsilio) abbiamo già accennato. Il confine volutamente incerto tra verità e invenzione caratterizza i cinquanta racconti ‘geografici’, itinerari che toccano periferie urbane, deserti, un paese abbandonato, satelliti nello spazio, mongolfiere e ciminiere, messaggi in bottiglia. L’evocazione di grandi scrittori come Omero e Calvino, Garcia Marquez e Kafka si unisce a pensieri e riflessioni personali, creando nel lettore la sensazione di viaggiare attraverso cinquanta sogni, mai tuttavia completamente tali. E sogni, incubi, barche, transatlantici, feste, tragedie, orribili creature, belle donne danzanti, sirene, santi, lacrime e sale sono i punti di riferimento della mappa tracciata da Alberto Baldi cercando le Magie di Mare (Squilibri Edizioni). Farete vostra un’opera curatissima, in primis per quanto concerne i contenuti, ma altrettanto sotto il profilo iconografico. Il libro lascia dentro il lettore tutta l’inquietudine e l’attrazione che la superficie liquida del mare suscita a guardarla, a pensarla infinita, a scrutarne le profondità cercando vanamente di intuire cosa nascondano. Dal cristianesimo della Bibbia ebraica, e quindi dal racconto di Adamo ed Eva, fino ai giorni nostri, numerosi cartografi hanno provato a rappresentare su mappe il paradiso, uno dei non luoghi più immaginati dall’uomo. Alessandro Scafi, nel 2007, ha pubblicato per Bruno Mondadori (ancora, per fortuna, in catalogo) Il paradiso in terra. Mappe del giardino dell’Eden. Scafi, attraverso le riproduzioni di centonovanta carte realizzate in quasi due millenni, ci accompagna alla scoperta del posto dell’albero di mele, rivelandosi cicerone scrupoloso e piacevole affabulatore. Sarà una bella sfida, ma ne vale una pena, rintracciare, sempre a proposito di paradiso, Il paradiso musulmano, di Joseph Mardrus, con le illustrazioni Déco di François Schmied, 1994, Stampa Alternativa. Il breviario di Mardrus, figura di spicco nella Parigi degli anni ’20 del ’900, apre l’universo extra terreno islamico, scrigno della sapienza esoterica e mistica orientale. Quanto mai attuale è L’islam in 100 mappe, Luoghi, pratiche e ideologia, di Anne – Laure Dupont (Leg Edizioni), atlante diviso in tre grandi capitoli, Presenza dell’Islam, Luoghi e pratiche, Politica e ideologia, e completato da uno schema delle principali dinastie, un glossario, un quadro delle feste, una bibliografia, diagrammi e carte tematiche. Una bussola preziosa per orientarsi in una cultura oggi al centro di giganteschi equivoci. Infine l’Atlante dei paesi che non esistono, di Nick Middleton (Rizzoli), che già dal sottotitolo, Alla scoperta di 50 nazioni che non hanno confini, fa chiarezza sui propri intenti. Middleton, infatti, analizza la storia e le vicende di quei Paesi che, nei cinque continenti e in Oceania, rivendicano una bandiera e un territorio, ma non sono ufficialmente riconosciuti.

AMBERLAND
Nel 1992, l’editore Elèuthera tradusse dal tedesco Amberland, Ein Reisebuch, di P.M., con il titolo Amberland. Un’isola da scoprire. Chi scrive è possessore di una copia, ormai rara, di quella che si presentava come guida turistica di un lembo di terra dal nome e dalla collocazione sconosciuti. Torniamo a sfogliarla. In apertura campeggia la riproduzione di una lettera di ringraziamento a P.M. per il lavoro svolto, intestata King of Amberland e Duke of Isbur. Subito dopo, una doppia pagina in bianco e nero con la fotografia di una spiaggia tropicale. Dove mai sarà Amberland? L’autore lo spiega nell’introduzione «Amberland è ancora sconosciuta ai più. Anche con il suo vero nome, Isckar, l’isola è introvabile. Eppure, ai margini estremi del nostro orizzonte visibile, Amberland esiste… Quest’isola, anzi questo arcipelago, difficile da raggiungere pur se localizzato a poco più di mille chilometri dall’Europa, al largo del Marocco, è un affascinante mélange di razze, lingue, tradizioni culturali e ambienti naturali». Come ogni guida che si rispetti, precedono gli itinerari i capitoli dedicati a morfologia del territorio, clima, idrografia, flora e fauna. Dalle pagine successive apprendiamo che gli abitanti di Amberland sono circa tre milioni, di cui il quaranta per cento vive in villaggi e il restante in otto città di modeste dimensioni. Quanto alla storia «… gli abitanti di queste isole sono gente particolarmente sfortunata. Non vi è popolo dedito alla conquista (Romani, Vandali, Vichinghi, Arabi, Spagnoli e Inglesi) che non abbia invaso Amberland. Dal punto di vista internazionale, Amberland ha avuto così poca importanza che perfino i fenomeni storici fondamentali qui non hanno mai messo radici». Al governo, oggi, convivono monarchia e democrazia diretta. Il già ricco bagaglio di notizie e approfondimenti cresce grazie alle sezioni Usi e costumi, Specialità ambriche, dove spicca l’Albo, formaggio delle 103 Alpi; Lingue, molte dozzine e svariati dialetti; Letteratura, prevalentemente orale, tramandata dai poemi dei bardi, diecimila versi; Arte e architettura; alla voce Economia viene spiegato il sistema ‘totalitario’, per effetto del quale l’economia… non esiste. E siamo alle notizie pratiche. Arrivo/ Partenza «Amberland si raggiunge solo via mare. Il viaggio, con i traghetti o con i cargo, può durare anche due giorni. In genere i collegamenti interessano soltanto Shesti, Talsum, Laduga e Yambur. I ferry fanno la spola con Portsmouth, Portland (Maine), Dublino, Casablanca e Cadice». Seguono i paragrafi Bagagli, Quando andare, Denaro, Salute, Elettricità, Tempo (non in senso meteorologico), Giornali, Radio e Televisione, Divertimenti. Lunghissimo il paragrafo Posta, che comprende il racconto di un episodio di cui P.M. è stato protagonista, espediente letterario usato anche in altre parti della guida. Finalmente gli itinerari. E qui le attrattive su rivelano molteplici: monumenti romani e bizantini, fortezze medioevali, musei, i quartieri con i burlik, le abitazioni tipiche; gastronomia, natura idilliaca e sorprendente, vita notturna di una certa animazione. Chiude il volume un glossario del dialetto centro – isckarico. Otvan sul vuol dire buongiorno, mastaf grazie, tualetivun eki dov’è la toilette. Pronti a partire per l’isola di Amberland? Peccato, peccato davvero, che non esista.

Le foto che illustrano queste pagine sono di Lauren Marsolier, tratte dal volume Transitions, Kerber Verlag Editore, acquistabile su Amazon. L’opera di Marsolier è divisa in tre parti, realizzate tra il 2005 e il 2013. In questo arco di tempo, la fotografa parigina, residente a Los Angeles, ha creato immagini digitali di posti isolati e senza alcuna particolarità, inserendone le architetture nel contesto di paesaggi sociali. Le fotografie sono frutto di un complesso montaggio di scatti multipli in Europa e negli Stati Uniti. Le atmosfere richiamano l’iperrealismo pittorico, conferendo alle composizioni la natura di non luoghi, di metamondi provvisori, dove si avverte l’assenza di vita da un tempo imprecisato

BAMBINI
Appunti di Geofantastica, dell’editore lucano Lavieri (lavieri.it) è un piccolo, delizioso libro che prende per mano i bambini da otto anni in su, guidandoli dentro mondi immaginari. Lo ha firmato Gianluca Caporaso con le illustrazioni di Sergio Olivotti. Recita la prefazione «In questo quaderno sono raccolti gli appunti lasciati da un misterioso viaggiatore. Un viaggiatore di cui non ci resta che un autoritratto nasuto. Anche nelle sue storie non tutto sembrerà vero e non tutto sembrerà falso. Come se uno strano incantesimo avesse convinto le pagine degli atlanti e dei libri di storia a confondere le immagini, ridisegnare i confini, disperdere le storie delle città così come le conosciamo». Ottanta belle pagine, geografia e fantasia al potere

LIBRERIE DELL’USATO
Alcuni indirizzi di librerie e bancarelle dell’usato di qualità. A Torino, La bussola via Po 9, 011/8127530, vastissima scelta e grande competenza. A Milano, in piazza Diaz, la seconda domenica del mese, si ritrovano i librai ambulanti da tutta Italia. A Bologna c’è Nanni, via dei Musei 8, 051/221841. A Roma si va da Simon Tanner, via Lidia 58/60, 06/78347908; a Palermo da Luigi Portinaio, via Duca Verdura 4c, 091/7306946