Dalla trattativa al muro contro muro, dal preaccordo in cui si riconosceva il valore politico di Atlantide alla chiusura totale, con tanto di ultimatum e accuse a fantomatiche “lobby gay” che vogliono «una corsia privilegiata al di là delle regole». Su Atlantide, da più di un decennio spazio utilizzato (e negli ultimi anni occupato) da collettivi e gruppi queer, punk e femministi, il centro sinistra bolognese va in mille pezzi.

Questa mattina scadrà l’ultimatum del Comune allo spazio di Porta Santo Stefano. Dalle 8 in poi le forze dell’ordine potranno presentarsi di fronte ad Atlantide per liberarla «da cose e persone», come prevede l’ordinanza firmata dal sindaco, il dem Virginio Merola. Intanto ieri pomeriggio in consiglio comunale Sel si è trovata isolata nel non votare un ordine del giorno pro sgombero appoggiato da tutte le altre forze politiche, dal Pd al M5S passando per Lega e Forza Italia. Non si tratta di un semplice sgombero in nome della legalità. Attorno al caso Atlantide sono in molti a vedere uno spostamento a destra del Pd bolognese. Il tutto a pochi mesi dal voto per le comunali, con l’attuale maggioranza Pd-Sel che potrebbe non essere più così scontata, e magari in prospettiva cedere il passo allo schema romano che vede i democratici andare a braccetto con alfaniani e centristi vari. Fantapolitica dicono alcuni, intanto però il Pd ha votato assieme ai berlusconiani e alla Lega nord.

E dire che solo pochi mesi fa la complessa vicenda di Atlantide sembrava una pratica quasi archiviata, con il Comune che lavorava per la concessione di una nuova sede ai collettivi. «Riconosciamo la specificità di Atlantide, siamo pronti ad una convenzione e anche all’assegnazione di un altro spazio», diceva nel giugno 2014 l’assessore dem Matteo Lepore. Il 3 settembre era lo stesso sindaco a tendere la mano ai collettivi queer perché, spiegava, «c’è un tema di diritti civili nella nostra città e siamo interessati a mantenere questo rapporto». Poi sono arrivate le lungaggini burocratiche degli uffici comunali e, a far precipitare la situazione, l’intervento della magistratura che ha inviato la Digos in Comune per acquisire documenti sul mancato sgombero di Atlantide, uno spazio dichiarato a seconda delle fasi della trattativa «occupato» o semplicemente «da regolarizzare».

Resta da vedere quel che succederà dopo quella che è una vera e propria “inversione ad U” in una mediazione lunga un anno, con l’ultimo colpo di scena di un’ordinanza di sfratto firmata dal sindaco e notificata ai diretti interessati mentre questi stavano discutendo in Comune con l’assessore alla cultura Alberto Ronchi, incaricato di seguire la questione. Proprio Ronchi, dopo aver detto di «avere provato vergogna per le istituzioni» per il dietrofront su Atlantide, sembra ad un passo dalle dimissioni. Poi c’è la capogruppo di Sel, Cathy La Torre, che minaccia di ritirare il suo appoggio personale alla maggioranza a guida Pd. E infine ci sono le attiviste e gli attivisti di Atlantide che non ci stanno e annunciano un’operazione di resistenza creativa. «Alla violenta interruzione delle nostre attività rispondiamo debordando nello spazio pubblico. Se vogliono Atlantide libero da cose e persone, la troveranno piena di cose e persone libere. Atlantide resta. Atlantide è ovunque».

A fregarsi le mani la destra (anche quella Pd), pronta ad abbracciare politicamente il sindaco «perché qui abbiamo un primo cittadino che ha finalmente scelto la legalità e sconfessato la linea della sinistra e delle occupazioni». Parola dei consiglieri Forza Italia che probabilmente non hanno creduto alle loro orecchie sentendo il «non ci sto» di Merola di fronte a quelle che ha definito le «lobby del mondo gay» che vogliono «avere una corsia privilegiata al di là delle regole».

A tentare un’improbabile ricucitura, il segretario del Pd bolognese Francesco Critelli che, dopo aver giudicato positivamente l’ordinanza di sfratto, ha proposto al circolo Arcigay “Il Cassero”, regolarmente convenzionato col Comune, di ospitare i collettivi atlantidei sotto sgombero. «Trovo sconcertante questa idea di città in cui tutti i gay vanno in una stanza», commenta secco il presidente del circolo Vincenzo Branà per poi aggiungere: «La nostra base è profondamente delusa».