A parte le doti oratorie e la capacità di stare su un palcoscenico, la forza del suo discorso sta soprattutto in due elementi. È arrivata al nocciolo delle questioni e con un linguaggio così chiaro e vero da provocare identificazione. Successe la stessa cosa quando alla convention democratica, lo scorso luglio, disse che a Washington ha visto ogni mattina le sue figlie svegliarsi in una casa bianca costruita da schiavi neri. Stavolta, nel mirino c’è stato l’atteggiamento di Trump verso le donne.
«Sarebbe disonesto e ipocrita trattare il suo modo di fare e parlare solo come un brutto sogno. Non è qualcosa che possiamo ignorare – ha detto Michelle Obama – Non è qualcosa che si può nascondere sotto il tappeto come un altro sgradevole episodio di una campagna elettorale cupa. Non si è trattato solo di conversazioni sboccate. È un modo di esprimersi consapevole dei comportamenti predatori, di vanterie dette con un linguaggio costantemente osceno, offensivo, odioso, doloroso, scioccante.

E non è stato un incidente isolato. È uno dei tanti esempi di come lui ha trattato le donne in tutta la sua vita». Michelle Obama ha poi parlato senza paura delle sue emozioni. Non è una cosa da poco in politica ed è un tratto tipicamente femminile. «I vergognosi commenti sui nostri corpi – ha incalzato – Il disprezzo per le nostre ambizioni e intelletto. Il pensiero che puoi fare tutto ciò che vuoi a una donna. È crudele, È spaventoso. E ferisce. È come quella nauseante sensazione che hai quando cammini per la strada pensando ai fatti tuoi e un tizio ti grida addosso parole volgari sul tuo corpo. O come quando uno sul lavoro ti sta un po’ troppo vicino, ti fissa un po’ troppo a lungo e ti fa sentire a disagio nella tua stessa pelle. È questa sensazione di terrore e violazione che troppe donne hanno sentito quando qualcuno le ha afferrate, o forzate anche se dicevano no. È qualcosa che sappiamo succede nei campus dei college o in molti altri posti ovunque e ogni giorno. Ci rimanda alle storie che abbiamo sentito dalle nostre madri e nonne quando, ai loro tempi, il capo poteva dire e fare qualunque cosa volesse alle donne in ufficio, e anche se loro lavoravano duramente per affermarsi, non era mai abbastanza».Infine, ma non meno importante, il distinguo fra i maschi che, per fortuna, non sono tutti come Trump. «Troppe persone hanno trattato queste espressioni solo come il titolo del giorno, come se lo sdegno fosse eccessivo o immotivato, come se questo fosse normale scontro politico.

Ma questo non è normale. Qui non si tratta di campagna politica, ma di elementare decenza umana. Si tratta di giusto e sbagliato. E semplicemente non possiamo sopportarlo. Anche perché, che modello di uomo e donna trasmetterà tutto ciò ai nostri figli? Posso assicurarvi che gli uomini della mia vita non hanno mai parlato delle donne in questo modo. E ridurre tutto ciò a semplici discorsi da spogliatoio è un insulto a tutti gli uomini perbene. Un vero uomo non ha bisogno di distruggere le donne per sentirsi più potente. Le persone davvero forti elevano gli altri e uniscono». Il prossimo otto novembre gli americani sceglieranno un’altra first lady o un conosciuto first husband. Ho l’impressione che, comunque vadano le cose, rimpiangeranno Michelle. Poi, fra quattro o otto anni si vedrà se lei avrà voglia di provare a rientrare alla Casa Bianca o se, come disse suo marito appena eletto al primo mandato: «È troppo intelligente per candidarsi alla presidenza».

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