[Negli ultimi dieci anni Margaret Atwood ha lavorato a una complessa narrazione ‘eco-ambientalista’, di cui L’altro inizio (traduzione di Francesco Bruno, Ponte alle Grazie, pp. 550, euro 24,00) è il terzo e conclusivo volume. L’impresa è notevole non tanto per agevolezza di lettura quanto per pregnanza di sapienza scientifica e tecnologica; complessità di linguaggio – lirico per un verso e ibridizzato da registri di varia estrazione per un altro; distacco satirico che ricorda la perversione pseudo-giocosa di Jonathan Swift; e, ancora, per invenzione narrativa che, sia ben chiaro, non intende gareggiare con i materiali della science fiction: qui si rappresentano prospettive future facilmente derivabili dalla sintassi del nostro presente; infine, quest’epica ponderosa – chiamata AdamoPazzo nella sua interezza – si distingue per il suo messaggio civile (lo sappiamo: la Terra è molto vicina a uno stato terminale), il cui intento non è da confondere con la mera convenzionalità di una strumentale denuncia ecologica. Margaret Atwood avrebbe altri pulpiti per farlo, dal momento che ella è, notoriamente, da tempo impegnata sul piano della salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema. È l’arte, invece, che deve parlare.

Al di là della messa in scena, il palcoscenico post-apocalittico su cui s’intrecciano storie e corrono personaggi e idee, nulla di sostanzioso qui è frutto di una visione approssimativa. «Pur essendo opera di fantasia – ci avverte Atwood in appendice – AdamoPazzo non include alcuna tecnologia o bioessere che non esista già, che non sia in fieri, o che sia impossibile in teoria». Una precisazione rivolta non proprio agli esperti di fantascienza (la sua, sostiene, è piuttosto speculative fiction) ma al lettore comune, perché sia invitato a condividere (o a scoprire) la dimensione realistica della materia del racconto, per la quale non resta che trovare la via verso un possibile nuovo inizio, come, appunto, anticipa la traduzione italiana del titolo del terzo volume (MaddAddam in inglese), un nuovo inizio di cui la soluzione paradossale che ci viene proposta è solo fiction, ma con un’aggiunta di verità.

Nei due libri precedenti – L’ultimo degli uomini (2003) e L’anno del diluvio (2009) – il mondo è stato abbattuto da un cataclisma creato dalle pratiche di ingegneria genetica e di manipolazione transgenica attuate da una società guidata dalla fede (e l’interesse) nell’onnipotenza della scienza. Il progetto contro naturam, sperimentato su siti web attraverso chatrooms e intrighi ‘hackeristici’, è sostenuto dalle corporazioni tecnocratiche, gestito da Gran Maestri del gioco e sfruttato, infine, da bioterroristi.

Responsabile ultimo della catastrofe è Crake, uno scienziato apparentemente pazzo, innamorato dell’enigmatica Oryx (la «signora degli animali»), il quale, al fine di affrancare il mondo da una condizione distopica, concepisce in laboratorio (lo «Hitech Paradice») una nuova specie umanoide, i Craker, esseri bluastri, dolcissimi e privi di pensiero simbolico. Essi praticano una sessualità stagionale innocentemente disinibita, si nutrono di sola vegetazione, e rifiutano quelle proteine animali che, secondo Crake, hanno causato il degrado del mondo. Tuttavia, nel suo delirio di onnipotenza Crake ha diffuso anche l’uso della pillola BlyssPlus, promettente eterna giovinezza, libido sfrenata e controllo delle nascite. Ed è proprio la BlyssPlus a liberare il virus assassino che in poco tempo ha portato l’umanità all’estinzione. Il ciclo della vecchia Bibbia sembra essersi concluso.

Con i Craker, e animali geneticamente modificati – come i giganteschi «proporci»: maiali scaltriti da un tessuto cerebrale umano destinato ai trapianti –, pochi sono gli uomini sopravvissuti al flagello del «Diluvio Senz’Acqua», e quei pochi sono divisi in bande cannibalesche – i capi della Chiesa del Petrolio e i loro paria, i violenti Painballer – che si combattono brutalmente per una difficile sopravvivenza in un mondo desolato in cui tutto va ri-fondato, incluso il rispetto per le donne, eterne vittime di abusi.

Nella nuova era post Crake e Oryx a tale obiettivo si rivolge un gruppo votato al culto della religione «verde». Sono i «Giardinieri di Dio», Adami e Eve che, guidati dal misterioso Adamo1, riescono a fronteggiare il disastro sostenuti dalla speranza di un nuovo futuro: «Avevano costruito rifugi segreti in cui ripararsi e lì avevano stipato provviste: miele, soia e funghi secchi, bacche di rosa canina, composte di bacche di sambuco, marmellate di vario genere. Semi da piantare nel nuovo mondo rigenerato, nel cui avvento loro credevano». Una vera cornucopia vegetale: sembra di ascoltare il racconto di una pioniera che nella wilderness canadese si prepara ad affrontare l’inverno. La voce narrante, invece, qui è quella post-apocalittica di Toby, la giardiniera esperta di api e funghi, che nell’Altro inizio proverà, con i Craker, a ricreare un mondo alternativo, un obiettivo che non consisterà nel solo ritorno al «verde».

Il mondo, sembra di capire strada facendo, si ricrea anche con le parole e il reintegro del simbolico. Tutto ricomincia con la vecchia storia dell’uovo cosmogonico: «In principio, vivevate dentro l’Uovo. Era lì che Crake vi aveva fatti», e «tutt’intorno all’Uovo c’era il caos, con molti, molti esseri che non erano come voi». È Toby che, ripartendo dallo hitech Paradice (l’Uovo), si assume il compito di tramandare ai Craker, futuri eredi della Terra, le storie della nuova Genesi, rifondando, di contro all’arido sfondo tecno-satirico che la genera, l’arte dell’affabulazione, della creazione e del racconto di storie ‘attorno al fuoco’ (mascheratamente circola qui molta cultura indiana). Il risultato sarà il ritorno alla scrittura. Alla fine dell’Altro inizio c’è il «Libro», come recita il titolo del penultimo capitolo, il cui autore è in parte Barbanera, il pupillo Craker di Toby, il quale, non sarà un caso, porta il nome di un popolare eroe-pirata di sofisticati videogiochi hitech.

E per chi nell’era del cataclisma avesse dimenticato com’è fatto un libro, o per chi, come Barbanera, non l’avesse ancora mai visto, ecco una dettagliata e primitiva descrizione dell’oggetto: «Ora questo è il Libro fatto da Toby, quando viveva fra di noi. Ecco, ve lo mostro. Lei faceva queste parole su una pagina, e una pagina è fatta di carta. Faceva le parole con la scrittura, muovendo uno stecco chiamato penna, con un liquido nero chiamato inchiostro, e poi metteva insieme le pagine e le univa insieme su un lato, e questo si chiama libro. Ecco, ve lo sto mostrando. Questo è il Libro, queste sono le Pagine, qui c’è la Scrittura. E lei mostrò a me, Barbanera, come fare queste parole, su una pagina, con una penna, quand’ero piccolo. E mi mostrò come riportare indietro i segni in una voce, così quando guardo la pagina e leggo le parole, quella che sento è la voce di Toby».

Tutto molto semplice, anche il ritorno a Gutenberg. Operazione meritoria da parte di Margaret Atwood quella di aver insegnato ai futuri cittadini della Terra l’arte della scrittura. Operazione anche enigmatica e sorniona se, facendo ricorso a internet, il lettore non esperto scopre, a sorpresa, che nel gergo telematico i crakers sono i cosiddetti «criminali informatici», i «pirati» del net. Che L’altro inizio sia soltanto un perverso gioco ‘swiftiano’ sull’impossibile «perfettibilità» dell’uomo? Questo è possibile, ma bisognava reinventare il libro per dirlo.