Aumenti delle retribuzioni al palo: secondo l’Istat gli ultimi segnati in novembre sono addirittura i più bassi dal 1982. E i lavoratori ci mettono in media 3 anni e mezzo per vedersi rinnovato il contratto. L’istituto di statistica ha fotografato lo stato delle retribuzioni contrattuali, e il quadro che ne esce – per quanto certamente non così grave come per i lavoratori che vanno a voucher – è preoccupante: a novembre l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie è aumentato dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,5% nei confronti di novembre 2015, segnando appunto l’incremento più basso dall’inizio delle serie storiche, nel 1982.

Complessivamente, nei primi undici mesi del 2016 la retribuzione oraria media degli italiani è cresciuta dello 0,6% rispetto al corrispondente periodo del 2015. I contratti in attesa di rinnovo sono in tutto 49 e corrispondono a circa 8,8 milioni di dipendenti, il 68% del totale (di cui circa 2,9 milioni nel pubblico impiego). Se l’attesa media per il rinnovo è di 3 anni e mezzo (42,1 mesi a novembre), questo tempo quasi raddoppia per i dipendenti pubblici (83 mesi): il loro ultimo contratto era scaduto a fine 2009, e adesso, dopo l’accordo siglato con il governo Renzi alla vigilia del referendum costituzionale, se ne attende l’attuazione.