Dal fronte della povertà continuano ad arrivare numeri impressionanti, che il governo tenta di aggirare ribadendo in tutte le occasioni di aver stanziato un apposito fondo per contrastarla. Ieri la Banca d’Italia, in audizione alla Camera proprio sul ddl governativo, ha spiegato che tra il 2007 e il 2014 i poveri sono raddoppiati, passando dal 3% al 7% della popolazione italiana, con oltre un milione di minori in povertà assoluta (rappresentano il 10% del totale).

Ma non basta, perché l’istituto guidato da Ignazio Visco ha chiesto – in linea con quanto già aveva fatto l’Inps – di correggere il nuovo sistema di calcolo dell’Isee, che prevede l’assurdità di conteggiare a reddito anche i trattamenti per i disabili, facendo così perdere il diritto al welfare a tante famiglie che li percepiscono e che per questo figurano come più ricche di quanto non lo siano in realtà. Un “regalino” che era venuto dallo stesso esecutivo, con un decreto ad hoc.

Banca d’Italia ritiene «necessaria e urgente»una rimessa a punto dell’Isee dopo la sentenza del Tar che ha chiesto di escludere i trattamenti di disabilità dal calcolo dell’indicatore. Dopo il Tar, lo scorso febbraio era venuta analoga sentenza da parte del Consiglio di Stato. Insomma, adesso la politica si deve adeguare, visto che secondo la giustizia il nuovo modello di calcolo è iniquo.

«Per effetto di tale intervento – ha spiegato Banca d’Italia riferendosi al nuovo sistema di calcolo – l’Isee verrebbe azzerato in un numero elevato di casi, divenendo così privo di capacità discriminante proprio ove si debba definire il diritto all’accesso o il quantum del corrispettivo a fronte di prestazioni destinate ai disabili. Data la centralità dell’Isee, provvedere alla sua rimessa a punto pare necessario e urgente».

D’accordo Tito Boeri, presidente dell’Inps, che ha parlato ugualmente in audizione: «Deve essere trovata una soluzione d’urgenza per garantire a migliaia di nuclei familiari con disabili l’esecuzione delle sentenze» del Tar Lazio e del Consiglio di Stato, ha detto.

Secondo Boeri, «non si possono attendere i tempi per l’approvazione di un decreto del presidente del consiglio dei ministri, e questa non è una questione che può essere affrontata a livello amministrativo». A oggi – spiega Boeri – sono circa 400mila «i nuclei familiari con disabili che sarebbero interessati in vario modo o misura dagli effetti delle sentenze».

«Come governo non possiamo che prendere atto della decisione. Provvederemo ad agire in coerenza», aveva detto il ministro Poletti commentando la sentenza del Consiglio di Stato in febbraio. «Il nostro governo – ha cercato di giustificarsi il ministro – ha applicato una normativa approvata in precedenza dall’esecutivo, e sulla quale si erano espresse positivamente le commissioni parlamentari. Ci siamo impegnati nell’attuazione del nuovo Isee ritenendolo un indicatore più veritiero e meglio costruito del precedente, oltre che con un sistema di controlli rafforzato: come sta dimostrando il monitoraggio che pubblichiamo ogni trimestre, è infatti complessivamente un indicatore più equo e che garantisce un accesso più giusto alle prestazioni sociali, anche nel caso delle persone con disabilità».

Peccato che tutta questa “perfezione” e “precisione” venisse poi inficiata dal difetto contestato ieri da Bankitalia e Inps. Assurdità che viene ben descritta dalla sentenza del Consiglio di Stato: «Ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito – come se fosse un lavoro o un patrimonio – e i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni non un sostegno al disabile, ma una “remunerazione” del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole, oltre che in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione».

Banca d’Italia ha comunque promosso il ddl di contrasto alla povertà: «Prospetta – commenta – innovazioni sostanziali». I trasferimenti monetari «andranno definiti sulla base dell’Isee e tenendo conto della situazione reddituale e patrimoniale complessiva della famiglia, in una logica universalistica e non più categoriale. Pur gradualmente, si destina alla lotta alla povertà un ammontare non trascurabile di risorse».